Emilia Barbato, “Primo piano increspato”, Stampa 2009, 2022. Segnalazione di Fabrizio Bregoli


La vernice chiede al croco
la memoria dei suoi stimmi,
all’eliotropo quel colore su cui riposano
chiarori e trasparenze che colmano
la lunga assenza della materia.
La parola è un fossile,
lo scheletro di un suono che si ripiega
in un cerchio d’osso,
un’essenza vuota di zafferano.

*

Con un peso di piedi
sul paesaggio lunare della spiaggia
la casa dischiude la porta,
il vento corre
salmastro dalle stanze.
Le giovani dune versano
il dorato muto del giorno e i gigli
marini si spezzano sul litorale
non curati dagli occhi.
Perfino le drupe di ginepro
si piegano all’unicità;
due piccole righe,
bianche, filano agili negli aghi.

*

Tutte le mattine lisci il letto
lentamente, cerchi le vestigia dei capelli,
l’eco di una risata che scuota
l’aria della stanza, un sorriso
rosso e carnale ma nello specchio
trovi solo un concetto
molto consueto di piastrelle.

*

Avremmo dovuto restare segreti,
un po’ dimenticati come locande
remote di campagna.
Avremmo dovuto essere fitti muschi
insinuarci nelle clavicole, avanzare piano,
molto piano, con le dita.

*

Emilia Barbato è nata a Napoli nel 1971 e attualmente risiede a Milano. Laureata in Economia, ha pubblicato le raccolte di poesia Geografie di un Orlo (CSA Editrice, 2011), Memoriali Bianchi (Edizioni Smasher, 2014), Capogatto (Puntoacapo, 2016), Il rigo tra i rami del sambuco (Pietre Vive Editore, 2018), Nature reversibili (Lietocolle, 2019) e Flipper (Officina Coviello, 2022).





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