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Visualizzazione dei post da maggio, 2022

Giorgio Papitto, finalista Premio Poeti Oggi 2022

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Gli alveari Ci sono maggi che svuotano gli alveari. Le api, sotto la vanga, scortano il pasto.              Tante se nella bestia c’è carne di rosa. La zolla custodisce di ciascuna il dorso. * Che nella testa del riccio cresce la preda. Se non è edibile, è un nuovo desiderio:              Quel puzzo dal suo alveare di germe. D’inverno i fichi sono nomi sul marmo. * Sul dorso, neutre scuriscono le piume. Mi trovo che ancora profumo di vento,             Che ho una preda viva e un anfratto. Come un alveare d’improvviso ombra. * Il riccio mi annusa, mi smuove i resti. Nei rifugi si dorme nudi per dispetto,             Con le zampe accovacciate sul pene. Per diletto preferirei resuscitarti, spero. * Giorgio Papitto nasce nel 1993. Vive a Lipsia (Germania) dove è dottorando in neuropsicologia presso il Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences. Ha organizzato il festival “Langue – Festival della Poesia di San Lorenzo”. Sue poesie sono apparse su riviste nazionali (Inverso

"Fresco di stampa": Annalisa Ciampalini, "Tutte le cose che chiudono gli occhi", collana portosepolto, peQuod, 2022

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I nostri corpi complementari il tuo chiarore la mia esile oscurità. Tua è la pietra dell’inverno il seme dormiente nel giaciglio scuro le mani che sanno dove premere. A me resta l’albero lontano il bianco che si accumula piano il fiore pallido esitante tra le dita. * Solstizio C’è fuori un luogo vasto dove il pensiero cresce spazi allungati che contengono passaggi un solstizio d’inverno tra corpi luminosi e alti che mai arriva fino a qui. Che scenda, ora, tra le cose basse, che si faccia ombra nell’acqua tonda raccolta nel secchio, che mandi luce pallida a precederlo. Dovremmo imparare a disegnare eclittiche, a curare la precisione del tratto. Non approssimare. Saperlo riconoscere e dire “è questo”. Vederlo per intero, sentirlo nella sua sacra brevità. * All’improvviso scende un grande silenzio e un ordine pallido si dispone nella casa. I pasti serali hanno la disciplina delle cose fredde dei corpi tenuti a distanza. Nessuno guarda la sedia vuota al suo fianco. Lì c’è un luogo in cui l

Gianni Minerva, finalista Premio Poeti Oggi 2022

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Esistere è domandarsi, strofinare le risposte in fondo ai versi, scoprirne il ricamo, la punteggiatura, la voce. Poi il tempo si libera sfilacciando i secondi e mi trovo a camminare lungo due istanti che separano l’attesa dell’acqua e il bacio ricevuto. * Gianni Minerva è nato nel 1979, vive a Castromediano, Lecce. Ha svolto studi tecnici, si è laureato prima in Lettere Moderne e poi ha conseguito una seconda laurea per diventare docente scuola primaria. All’attivo ha alcuni corsi di teatro dove ha portato in scena i suoi versi, ha partecipato a seminari sulla lettura e la voce, ed infine, ha partecipato a numerosi reading poetici. I suoi testi sono apparsi su quotidiani, agende letterarie, antologie poetiche, riviste letterarie, sia cartacee sia in rete, ha ricevuto menzioni d’onore in alcuni concorsi di poesia nazionale.  La poesia contemporanea in lingua italiana

"Fresco di stampa": Antonio Bux, "Voltarsi ", Graphe.it Edizioni, 2022

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Provocare un limone farlo luce sanguinante non è verità a stringere il braccio ma la pietà tra filamenti e fibre perdendosi in vena; ah, com’è stato giallo esserci. * Se le radici sulle rotaie fermano la luce nel suo scorrere di dietro allora il grano sempre ingigantisce l’orizzonte e così simile trasmette tra ciò che è detto e ciò che è stato un fil di vero uguale labile cambiato. * Eppure un vortice ti dice di restare l’idea che stai sparendo per un fiume allineato nell’invisibile di una lingua che nessuna bocca parla o parla sempre eppure un vortice risale la tua vita così confusa e così precisamente tua allineata in un’idea è il fiume aperto che tu stai dentro e fuori, come una bocca. * Tra poco verrà il mare se saprò nominarlo e i suoi effetti celestiali si faranno avanti e alcune conchiglie enormi senza perle medievali dall’abisso mostreranno il perigeo con gli uomini della pietra parleremo la stessa lingua popoli affondati dagli dèi extra esseri e fiordi del Nord le piante tutte

"Fresco di stampa": Pietro Romano, “Feriti dall'acqua”, collana portosepolto, peQuod, 2022

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Era per il riverbero degli anni fingere una luce ferma, sequenze di istanti nel riflesso di un forse che anneriva le palpebre: la polvere è sacra . * Acque di confine agli amen del vento, in voi si dirada la lontananza, viso di madre che spezza il nostro dormire. L’ho vista tornare alla sua veglia, riconoscermi figlio, poi andare. Negata alla vita, dissetare il respiro. Adesso che ogni altrove si è spento e ogni volto è qui convocato , addormentate questi occhi devoti alle candele: destatevi nelle voci di dentro. * Come tradurre l’azzurro arreso del cielo, quando, con l’odore di terra riarsa, le parole separano le nubi dalle nubi, gli uccelli dagli uccelli, le foglie dalle foglie? * Ha la forma dell’ altrove , la voce: adombra le parole, rendi al fuoco la vita che ti separa dal canto. * Come vero e sofferto il lido, il sogno o il volto che trema, fra le acque la parola si svuota, ogni casa ritorna . * Pietro Romano (Palermo, 1994) si è laureato in Italianistica presso l’Alma Mater Stu

Elisabetta Liberatore, finalista Premio Poeti Oggi 2022

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Sotterraneo È nella ragna di ipogei l'armonia attesa dai recessi del giorno, nel ventre sotterraneo delle zolle dove tuberi e rizomi si allargano nei vasti muschiosi vuoti solenni, orizzonti raccolti dabbasso. Il pregio dei segreti è nei toni dimessi di queste volte esoteriche che raccontano solo radici, incubano veglie nell'isolitudine degli abissi. Il contrappasso è nei madrigali industriosi che sciamano sui litorali, nella calca delle carreggiate limbo di occasioni sospese sgranate come rosari. Stilla dal silenzio l'evanescenza di nuovi alfabeti, la verbigrazia dimessa dei grembi. * Elisabetta Liberatore è nata a Pratola Peligna (Aq). Appassionata di letteratura, musica e storia, da sempre condivide con il suo impegno di lavoro di funzionario bancario, la lettura, lo studio letterario e la scrittura. Ha pubblicato Dissolvenze e altri frammenti (Albatros 2020), Disfonie notturne  (Vitale Editore 2020) e  Stagioni. Controcanti in chiaroscuro (Vitale Editore 2021). La po

"Fresco di stampa": Paolo Maccari, Quaderno delle presenze, Le Lettere, 2022

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Scarabocchi Muri bianchi così sporchi ce li hanno solo stanze abbandonate alla fantasia disabitata della muffa, o quelle dove vivono bambini. Qui viveva un bambino abbandonato ai pensieri. La fune d'acciaio delle associazioni calava verso il basso l'ascensore dei suoi pensieri. Seminterrati. Auto spente in ordine e agghiaccianti. Ora la stanza, sbiancata da neon clamorosi e liberata dal disordine dei mesti giochi, sarebbe ancora più lugubre se le pareti non fossero ancora sporche di delicatissimi graffiti. Venite a leggere, guardate i disegni. Non aveva previsto il bambino abbandonato questo presente. I suoi draghi non sono ammansiti. Hanno espressioni decise, denti sbaffati di rosso. Ringhiano i musi di altri bambini mostri. Gli incubi sono sbalzati da bieche febbri di colori. Qualcuno sta uccidendo i suoi cari che passano al sangue da un sonno distratto. Non portate in questa stanza mai più il bambino cresciuto. Capirebbe le cose sbagliate e come un idiota sarebbe felice. * R

Gabriele Marturano, “L’anfibio”, Fucine Editoriali, 2020. Segnalazione di Fabrizio Bregoli

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Viviamo sugli allori della nostra malattia, aspettando un’inattesa sincerità. Questa birra è un rito abbreviato che mi stana dal mio pozzo arredato. La vita è un’istantanea: più passa il tempo più capisci cosa c’è dentro. Metto elio nelle vene, ogni zavorra di certezza la lancio, come monete sul tavolo per il conto, nella vertigine d’un embolo emergo, m’intasco afelio e perielio. * Apro la porta: luce canini  che premono ai cardini degli occhi  spudorata mi bracca  una parte di me si dà alla macchia, teme l’interrogatorio. Dio, boria che sfoggia il suo repertorio, mio calvario,  a naso proseguo nell’aria lattiginosa  - ara pacis spettrale e muto - si disanima la mia retina mentre una macchina falcia  le gambe alla nebbia che presto si ricompone. Anche oggi a tentoni cerco  la via d’uscita di un mondo senza entrata. * L’ikebanista  Mi porto per mano ora, non ho più segreti: la luce inonda ogni mia ombra che si assottiglia, assume la forma di un ramo che lavoro per l’armonia  della compo

Elisa des Dorides, finalista Premio Poeti Oggi 2022

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Misurata mole Ricordi le domeniche torinesi distese sotto la nebbia veniva dalla cucina l'odore del pranzo nessun genitore a versare parole dolci il divano, una finestra ce li facevamo noi i nidi tiepidi. Nella sabauda che sa di ferro la vita è tutta dentro: fuori l'autunno si prende la scena. Tu aspettavi la partita i modesti rigori di uomini miti salvadanaio di gioie infantili, io ti guardavo con un occhio solo l'altro scivolava nel sogno di un sole che non chiede permesso a smog e formalismi. Lì era sempre un misurare la luce gli animi sotto i portici nell'umidità, la mole dell'amore. * Elisa des Dorides è una copywriter di 35 anni che vive e lavora nelle Marche. Dopo aver vissuto due anni tra il mare e la pianura sarda e sette sotto il cielo di Torino, ritrova la sua altitudine naturale tra le colline maceratesi. La scrittura l’accompagna dall’età delle scuole elementari, quando le poesie iniziavano a prendersi il loro spazio sulle pagine del diario. Sul suo co

Omaggio a Biancamaria Frabotta (1946 - 2022)

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Poesie tratte da "Tutte le poesie 1971-2017", Mondadori, 2018 L’ultimo verso Dentro gli occhi chiusi quando vi cadde il sole si accese un puntolino nero. E non per vizio voleva tenerselo l’informe e dentro trattenerlo nel cieco addome divenuto sua patria. Per non lasciarlo morire davvero e insepolto, quell’ultimo verso lo adottò, quell’inutile eroe. Aurea muffa dell’estinto mattino aerea tigna, polverosa carcassa nocciolina che sgusci tra le dita e, se si è presi, fedele capsula. * La volontà dei luoghi Prendersi per il giusto verso con cautela afferrarne il lembo già un po’ scostato dalla pelle e tirare, attirati l’uno dall’altra gli scorticati di belle speranze. Dal regno della treccia, della frangetta illuminata dall’assalto dei bacetti ci difendeva la complicità domestica ci insegnava a trarre vantaggio da un amore condiviso, fertile di frutti. Ma l’albero ferito ebbe l’aria di soffrirne sotto il fusto liscio spuntò un lattante dalla faccia secca. Andate via. Sparite bell

Silvano Sbarbati, "Dizionario Minimo", Arcipelago itaca Edizioni, 2022

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Diabete La fame è vicina insolente intermittente mastica a bocca aperta: la fame è qui luce spenta dall’insulina. * Ferie Parenti d’estate, migranti e naviganti nati da matrimoni su procura bevevano vino allungato di nostalgia classe operaia resuscitata nelle fotografie per me che dovevo capire solo guardando seduto contro il muro come adesso come raduni come commilitoni fratelli cugini nipoti nelle maglie il sudore negli occhi il solito pudore. * Giornalista Con la vita quasi pubblicata del tutto non azzardo più nemmeno una didascalìa in corsivo commosso sotto la solita foto di famiglia. ho scoperto che le lacrime sono paterne e le rughe materne, soprattutto. * Lavatrice Nel garage interrato una lavatrice batte il lavaggio senza levare musica mentre a gambe larghe e legnose spinto dal ritmo della sua centrifuga tra i cartoni dell’ultimo trasloco trovo cose che non so che cose siano se mai potranno tornare ad essere mie. * Maestro Ah il maestro delle elementari suggeriva con i ricordi