"Fresco di stampa": Antonio Bux, "Voltarsi ", Graphe.it Edizioni, 2022


Provocare un limone
farlo luce sanguinante

non è verità a stringere
il braccio ma la pietà

tra filamenti e fibre
perdendosi in vena;

ah, com’è stato giallo
esserci.

*

Se le radici sulle rotaie fermano
la luce nel suo scorrere di dietro
allora il grano sempre ingigantisce

l’orizzonte e così simile trasmette
tra ciò che è detto e ciò che è stato
un fil di vero uguale labile cambiato.

*

Eppure un vortice ti dice di restare
l’idea che stai sparendo per un fiume
allineato nell’invisibile di una lingua
che nessuna bocca parla o parla sempre

eppure un vortice risale la tua vita
così confusa e così precisamente tua
allineata in un’idea è il fiume aperto
che tu stai dentro e fuori, come una bocca.

*

Tra poco verrà il mare
se saprò nominarlo

e i suoi effetti celestiali
si faranno avanti

e alcune conchiglie
enormi senza perle

medievali dall’abisso
mostreranno il perigeo

con gli uomini della pietra
parleremo la stessa lingua

popoli affondati dagli dèi
extra esseri e fiordi del Nord

le piante tutte riuniranno
sotto le ombre dei ghiacci

finalmente arriverà la palude
il blu comprensibile la sempre foresta.

*

Il nemico ha occhi bassi
non ti guarda mentre paghi
la bolletta. Storce sul muro
la tua ombra, muove per te
le dita tra i fogli del giornale.

Il nemico ha occhi fidati, ti sceglie
sin dal primo giorno. Guida
le tue mani, e nel cervello ti cresce
quella rosa. Sarai la sua vita
perché morirai.

Il nemico lo sa, per questo ti ama
ti fa vedere lontano, col tuo corpo
qui fermo. Ti dà cinque o sei ali
e alcune e strane donne, e qualche
nome infedele, da non ricordare.

Il tuo nemico ti vive nell’ombra
il tuo nemico ti lascia e ritorna.
Chi è il tuo nemico, tu non lo sai
ma parli con lui giorno e notte.
Il tuo nemico ti scrive e sei bianco

e tu sei lui, perché scrivi stanco.
Questo scrivere fa il tuo nemico
questo vedere chi sei e non togliere.
Il nemico che è qui e implora
la tua vita per sé, e per chi non ne ha.

*

Dove nel vero va cieco il rendere
mortale anche non qui vissuto
vuole tu sia uguale proprio
al generare più corpi in dote
o sereno perdutamente, o tra due
fuochi che pongono domande

dove nel verso va illeso a tendere
trappole o sottomissioni, messaggi
più bui anche in te stesso, ma sono veri
e agitano tutta la vita, poi muovono le stelle
in cielo, e il cielo rende loro grazia
dove nel tempo esisti in una sola fine.

*

Al tempo devo lo scorrere
e al corpo l’ombra degli altri.

Nessun dio mi riformerà
ma solo in una stanza

saprò segreto me stesso
perdere ogni coscienza.

Eppure una stanza non è
che un poco di dimensione

la cieca vertebra o l’esistenza
trascorsa in altro da me

però uguale. Così io sogno e chiedo
speranza, d’essere mio qui per gioco

già altrove. O di trovare il ricordo
distante, in chi mi ha vissuto

e ora per gioco sogna il ricordo
oppure sparire per niente.

Ma ho forse chiesto io questa luce
di vedere sempre i miei occhi?

Ora ho Dio qui con me nella stanza
e solo vuole che io sia presente.

*

Antonio Bux (Foggia, 1982) ha pubblicato, tra l’altro, Trilogia dello zero (Marco Saya 2012), Kevlar (Società Editrice Fiorentina 2015), Naturario (Di Felice 2016; finalista premio Viareggio), Sasso, carta e forbici (Avagliano 2018) e il recente La diga ombra (Nottetempo 2020).





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