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"Fresco di stampa": Antonio Bux, "Poesie", Marco Saya Edizioni, 2024

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Erba Prendo il ciuffo di un’erba che tu ami quello vissuto sulla fronte di tua nonna la sera quando ti cresceva tra le coperte lo raccolgo per te che non sei qui per te che sei tra le coperte degli alberi sotto la terra onesta o forse di lato all’albero che è ora tua nonna così insieme a lei compi proprio i miei passi li unisci ai passi degli altri, quelli scordati dove un’orma è per sempre dove un’orma è mia madre che sale come un albero ad accarezzarmi i capelli e mio padre, e il tuo, e il padre di tutti qui dove prendo il ciuffo di un’erba che tu sei li rivedo ancora una volta, rivedo la mia vita e le vite di chi siamo stati, ora che sono ciuffi e così anche io, sotto la terra, dov’ero sento di essere stato amato. * Primavera Inverno era dire ieri, cielo verde e tocco sul legno, una forma del prato, o una mano quasi, a essere erba. E anche le stagioni che spostano e passano, tornano qui, a indicare foglie di noi, e mini radici. Così oggi è ancora dire, poter misurare al collo la pos

Mary de Rachewiltz, "Processo in verso. Tutte le poesie italiane", Bertoni Editore, 2024

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Lena sterile Molto di te si dice, Lena al tuo paese, molto di te racconta la Tecla agli uomini in caccia di frottole. Ma nessuno ha udito l’asma dell’SS in licenza arrancare per il ruvido palo alla tua finestra socchiusa. Neppure i tonfi soffocati della Mauser e degli stivali. “Es muss gehn — ce la farò”. E invece no. Dopo Stalingrad grande grosso e impotente, soltanto un nido di lendini generò sul tuo ventre. E ti ci vollero tre mesi per crederci, e nove mesi per ucciderle, una ad una. * La stanza La stanza perfetta contiene le quattro porte due ad arco e due quadre. Chiusa è la prima agli immediati dintorni la seconda sprangata alle occasioni. Per non girare le restanti maniglie siedo alla finestra del caos a contar stelle perché so che la terza conduce verso la casa degli spettri e l’ultima dà sulle trombe del nulla. * Il solo amico Animo mio, fatti vedere. Tu lo sai quanto mi vergogno a percorrere sola le strade del mondo. Ovunque vado, vedo che sono in due uniti per amore o per ca

"Fresco di stampa": Stefania Giammillaro, "Errata Complice", peQuod, 2024

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Ai sensi di una legge non scritta appesa al baratro senza risposta è vietato venire al mondo in un qualunque giorno di pioggia Senza tuono rimbomba il dire del mare che soffia e soffia un ruggito ancestrale tra cosce nude e stoffe bagnate L’appetito nasce senza fame. * È buio non ti accorgi che è buio sulla soglia che attende la puntualità della prova Scappano i ritardi dalle pareti pregne dell’odore consumato ieri * Era proibito il cortile agli schiamazzi quando le ginocchia sbucciate bruciavano di vita appena iniziata Era proibito urlare in protesta contro addii mortali alla coscienza quando puntare i piedi era occasione di crescita Da un vetro di roccia si penetrava il mondo io pesce rosso con diritto di parola * La geografia del corpo non sconta il peccato originale quando le narici adescano il polline soffiato dal feroce ritardo di fine maggio “ La primavera può ancora arrivare ” schiaffeggia il sussurro su chi trattiene il tumulto nelle ossa e fino alle arterie nuoce il fumo che

"Anteprima Portosepolto": Giulio Mazzali, "La pratica del buio", peQuod, 2024

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Al monte Mondo, frastuono di cicale – tramonta il giorno, s’accende sulla schiena la linea d’orizzonte. * Cipressi nel silenzio si assomiglia immobili alla quiete della strada. Non danno voce i morti, solo calce e cenere, come questa nebbia, che avvolge nella sera muri e linee d’ombra. * Attesa Attesa è la nostra, filo di una trama disfatta nella notte perché tutto resti uguale, nulla sia diverso. * Anelli Accade ad ogni istante che il cerchio si propaghi. Anello dopo anello addomesticare l’acqua, il passo folle di tempesta. * Profezia Crescerà tra notti e storture la nuova umanità. Come fico strappato al morso della roccia, lasciato al vento freddo dei coltivi. Fallirà il mare nudo al proprio corso: morirà nelle sue onde sulla linea d’orizzonte. * La nudità nasconde l’inganno della fine, the end is the beginning insiste la voce, e trama la terra gravata dall’inverno, compagna di semi e cime di confine the end is the beginning ripete la voce, mentre il rosa cede alla luce e spoglio il

"Fresco di stampa": Silvia Atzori, "Quando tornerai sulla terra", Arcipelago itaca Edizioni, 2024

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Il treno per B.: un solo schermo alla violenza di novembre, gli azzurri senza strazio sul binario quindici. L’archetipo del lutto. Cerchi nella borsa una scusa ma è già dentro lo stomaco e lo sguardo agonizzante dei neon fa l’aria rigida. Il segnale disturbato promette nuovi porti ma niente: non si schiuderanno. Ti prego ascolta i miei consigli: resta ancora nel sogno congelato. Guarda lontano dalla ferita. Toccare è provocare l’infezione, ma nascondere: per questo fabbrichiamo nei cappotti il soffocamento del bozzolo il terrore delle larve. * L’encefalo è coperto da membrane, nel suo caso lo spazio assediato era sotto l’aracnoide. L’accumulo di sangue si è formato in fretta entro un mese si sarà riassorbito. Dev’essere successo dopo la caduta dentro il campo di gigli grigi, l’urto l’ha stordita. Gli occhi pagano ancora col difetto il marchio lasciato nella zona occipitale. I primi mesi di là sono stati poco più che un persistente mal di testa, le hanno lasciato una certa ipocondria. *

Francesco Cagnetta, "Insolvenze", La Vita Felice, 2024

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Ho un passato a cui obbedire  due occhi da portare avanti  ma i nostri corpi servono solo a riposare  l’orologio singhiozza da entrambe le parti.  Così non siamo che la fine  il passo che si sfila  per non prendere distanza  sentinelle vuote  senza alcuna intenzione. * Il seme è tornato sconfitto  al momento non ho figli  che non siano sagome  da riempire. Così uccido non solo me  ma tutti i mille e mille anni  che mi hanno dato in dono  questa carne per avvoltoi. E allora sarà questa la voce  che mi sono dato  il bimbo che scende dalle scale  per cercarmi  dove non potrò arrivare.  Allora sarà questa la voce nuda  e la mia ossessione  di essere vena interrotta  materia senza movimento  il risultato della sottile distanza  tra me e il non esistere. * Contiamo il tempo sul palmo della mano  pochi secondi fa ero Adamo  e mentre l’Universo saliva  sulla ruota dei millenni  io mi sono leggermente voltato. * Per quanto mi sforzi di immaginare il vuoto  che avrà la mia faccia sul punto di mo

"Fresco di stampa": Alfredo Rienzi, "Custodi ed invasori", Arcipelago itaca Edizioni, 2024

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Questo è il campo dei suoni senza luce dove le foglie secche sul sentiero, indurite dall’agonia e dal vento, sono alle spalle unghie e fiati di cani d’ombra, incorporali, che inseguono il sussulto delle arterie fiutando nella nebbia la paura. È il luogo delle luci senza suono: io non posso invocarti in questa notte muta che non reca perdono né promesse, non ti desidero stella d’albedine che con raggio azzurrino ridai moto alle sfere: non in questo gorgo, in questa guerra nera, dove nel vento intollerante sfuma anche il mite profumo del sambuco. * Il ramo sminuzzato ha assunto forma d’osso l’osso ha venduto l’anima alla pietra mi chiedi di spiegarti il nome delle cose il caso o la ragione dei colori, gli spigoli la scabra superficie e come la pietra si disgrega in sabbia, la polvere, il groviglio delle radici e il frutto se l’eco rimanda sempre il nome detto o qualche volta azzardi a proseguire il verso. * Qui nessuno conosce il proprio nome nessuno ne ha memoria e l’austro nella notte,