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Visualizzazione dei post con l'etichetta poeti oggi

BUONE VACANZE!

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La poesia contemporanea in lingua italiana

Veruska Vertuani, finalista Premio Poeti Oggi 2025

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Trieste, 1973. Marco Cavallo, azzurro destriero in cartapesta, arriva in Piazza Unità d’Italia seguito da 600 internati al Manicomio. Primo tentativo di libertà e recupero della dignità della persona, sancito, nel 1978, dalla “Legge Basaglia”. Marco Cavallo libera tutti (“Legge Basaglia”) [màt-to]. Non una qualità non un peccato; matto come nome proprio di persona. Erano gli sguardi persi nel vuoto ad aver dato casa a un cavallo, nero come le grida senza volto, come gli occhi fluidi di mercurio per quella febbre che brucia le sinapsi e manda in cortocircuito il senno. Marco, così lo avevano chiamato, tirava il carretto pieno di stracci, dismessi come quelli da poco, i simili a lui, scesi dalla giostra della società civile e saliti sul giogo dei giorni tutti uguali. [màt-to]. Non una qualità non un peccato, matto che a forza di stare là dentro era un nome comune di cosa. Marco imbiancò la groppa, lo fecero scendere dalla giostra dei cavalli per andare al macello. “E batto i piedi i pugn...

Anna Salvini, due poesie inedite

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Supernova Semino indizi con le parole perché di noi ci possa essere un giardino, un luogo segreto per passeggiare nell'inverno e farci voce del verbo radicare da alberi spogli, lo vedi, come ci stanno bene le foglie, come siamo riparo per chi trema e tutto si trasforma: abbiamo nuovi corpi per essere gentili, stringere un'alleanza dare una forma al sogno possiamo rifiorire, non c'è altro dalla morte divenire incanto grembo dove si raccoglie la sera. * Corpi celesti Toccare con mano è il mio dolore preferito lo faccio sapendo di non salvare nulla non ha importanza può bastare anche solo un travaso, da te a me ti accolgo con tutto il carico di non amore perché non vivo in pace se ti sei smarrito, se il cuore ha rallentato il passo e il firmamento del tuo corpo imploso in un enorme buco nero non servirà parlare: la grazia, lo spasimo leggero dei polpastrelli sull'alfabeto braille, faranno appello a tutti gli astri della volta celeste, il tatto a ricomporre la parola, la go...

Alfredo Rienzi, finalista Premio Poeti Oggi 2025

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Da dietro i muri i vivi contano i morti col pudore di voci grigie come nel sottovento di palude dietro i veli i morti contano i vivi ne misurano i passi, nel planare delle cause. Ne scorgono i pensieri arsi e sfioriti d’elitre ronzanti ne hanno compreso il cieco tempuscolo stanno ridendo d’ogni loro gesto (solo la manutenzione dei denti sanno essere atto senza vanità) * Alfredo Rienzi (1959) ha pubblicato numerosi volumi di poesia. Tra le pubblicazioni più recenti ricordiamo i libri Partenze e promesse. Presagi (puntoacapo, 2019), Sull’improvviso (Arcipelago itaca, 2021) e Custodi ed invasori (Arcipelago itaca, 2024). Suoi testi poetici tradotti sono stati pubblicati in Romania, America latina e Russia. Ha fondato e gestisce il lit-blog “Di sesta e di settima grandezza”. La poesia contemporanea in lingua italiana

"Anteprima Portosepolto": Nicoletta Carlan, "Staccarsi dalla roccia", peQuod, 2025

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Dentro Cerco la penna per incidere la rinascita all’abitudine della parola. Per uno sguardo altro sul crocus nato adesso, sul tronco morto, d’uccelli e funghi casa, adesso. Non lo so di chi è la traccia che mi parla nel chiasso del bosco. * Dai giganti Non mi hai giurato nulla ed io Ti parlo nella notte Non mi hai promesso nulla ed io ti ammiro nei bianchi giganti tra l’acqua di fiume che scorre Non mi hai soddisfatto ed io Ti cerco ancora per riposare. * Quante volte essere vecchi La voce tua pigra, senza un faro nutre il fantasma del bosco bruciato nutre i sospiri di richieste inciampate di fiori doppi, carnosi, magenta dell’oleandro velenosi. * Ovunque Sospeso nella notte, appare il giorno. Le foglie scosse dal vento mi svelano voci inudite, bercia la terra di sassi, rifiuti e mozziconi spenti; sopra, la lucertola immobile al sole. Di ferite di crescita ed elevazione mi stupiscono i tronchi lisci dell’ailanto invadente, amato solo dalle api. Steli d’erbe diverse, tra loro intrecciat...

Giovanni Odino, finalista Premio Poeti Oggi 2025

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Intendere Ti mobilitano l’intendere: gli strappi nei materassi dai sogni affogati nel memory , i mulinelli di condensa degli elicotteri nelle umide mattine odorose d’erba e di fioriture promesse, i fumi tossici scaturiti dalle sgasate nei vani tentativi di sfarfallare le valvole desmodromiche, e i cervi volanti, le cicale, i grilli, gli stercorari, fino alla polvere di caolino sui rovi di more; è compagnia scontata: la traccia odorosa delle carezze promesse, i suoni minacciosi delle televisioni, le sedie scomode, il divano dalla pelle scamosciata unta da epidermidi multiple, le tazze debordanti di creme con amarene, di pesche al barbera, di caffè corretti, di sapori residui sulla lingua, insieme al lisozima, nelle stanze sommerse dalle maree lunari. * Giovanni Odino , classe 1948. Nel 1963 si iscrive al corso di pianoforte presso il Conservatorio di Musica di Bologna. Nel 1968 si arruola come Pilota di Elicottero dell’Esercito. Nel gennaio 1972 lascia la vita militare e inizia la carri...

Enrico Marià, "Nuziale", La nave di Teseo, 2025

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Per troppo niente la commozione del nulla, le stesse fitte di bellezza del morsicarsi da bambini, luminoso crescere, l’interno delle braccia. * Da dove ti amo sono tutte le parole troppo piccole e l’impossibile tornarmi la purezza inattaccabile, gelato sulle tonsille, il polline dei nodi. * I letti a castello dei “cristi inferiori” la danza rotta, lo sguardo al soffitto da dove d’oltre vita orbita lieve, pignorata ogni resurrezione. * Le mani assicurate alla cintura dei pantaloni poi il prenderlo tra le labbra come fosse per sempre, papà, quel tempo della crescita dove si mette in bocca ogni cosa. * Uccidermi insieme a te per emulare “morte eroica” la magrezza delle panchine, il decidere di non lasciarci in un dove tutto sarà perfetto il senso di continuare, fantastica esplosione, la presenza del vuoto. * Nel tuo morire, muoio il mio sangue dentato, foce arteria, tu a darmi il freddo della cenere, papà, dentro la carne controtempo di dita il nulla a spuntoni. * Perché è da lì che mi ma...

Giampaolo Notarnicola, finalista Premio Poeti Oggi 2025

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Oggi - incisa la carne - come tratto breve aperto al sangue. Così il segno. Potrebbe anche sembrare banale. Lacrime a marcire sul tavolo, un bouquet di ieri tenuto nella testa, una stessa parola ripetuta. L'incidenza sulla lettera di chi scrive crolla nel dirupo - e il tu - il non restare filo d'aria sul rimario. Servirebbe una ricucitura ma il rame si attorciglia alla radice dell'arto - la pianta che ti cresce nel davanzale di un braccio - la ferita bonsai quando con respiro rosso ricordiamo. * Giampaolo Notarnicola (1982) vive a Noci in provincia di Bari e si occupa di riabilitazione psichiatrica. La poesia contemporanea in lingua italiana

Federico Preziosi, "L’uomo qui assente", Delta 3 Edizioni

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Dove si ferma la notte Credimi adesso, credimi ancora, non era l’altrove né il tarlo all’ultimo sguardo che scese dal volto penetrate le viscere del talamo, ma dove si ferma la notte si ricongiunse il tremore alle spalle. Rimasi di sasso all’inverno: la mia sete nell’utero di ghiaccio così pronta a infrangersi in libero volo dall’alto come una stalattite franta al tempo del marmo, tomba del senso, progenie del grembo. * Qui accade Qui accade il tempo nelle sfumature delle ombre incancrenite tra le forme a me prossime, care, irrinunciabili. Qui accade quel radioso compensarsi di un niente che si cela alle mie spalle e come allora qui ritrova il giorno sopravvissuto a un’intera esistenza la mia scrittura fitta del tuo «nostro». * Le cose inesatte Per le cose inesatte c’è un attrito e l’uomo a cui ripenso le dispone offrendosi all’autunno che si aggira. La posizione presa lo avvicina, quel non saper più stare dentro me sostanzia la vanesia distopia e poi c’è altro, una malinconia. * Docil...

Donatella Nardin, finalista Premio Poeti Oggi 2025

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Potenti della terra, padroni di nuovi veleni, tristi custodi segreti del tuono definitivo… prima di premere il dito fermatevi e considerate. Primo Levi,  Nulla rimane di una scolara di Hiroshima Il canto di un soldato infranto Entrammo a piccoli passi nel pianto - scrisse sul muro che lieve disgiunge i vivi dai morti, mai ricomposti. Fu una bocca sfiorata all’estremo da anemoni e dolci nominazioni a porre l’eterna domanda che inerme attraversa la storia. Perché uccidi fratello? Perché? Perché? Impenetrata sciagura, cadde al soldato l’orbita scura e, nel disfarsi segreto, l’accolse pietoso il poco rimasto del mondo: un palpito appena in un paese verdissimo di ossa insepolte ai ruscelli, una lacrima in fiore, il loro innocente splendore. * Donatella Nardin è nata e vive a Cavallino Treporti (VE). Pur praticando la scrittura – soprattutto poetica – da sempre, solo negli ultimi dieci anni ha dato visibilità alle sue opere. In poesia ha pubblicato i libri: In attesa di cielo (Ed. Il F...

Mariangela Leone, finalista Premio Poeti Oggi 2025

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Mio fratello vive nel paesaggio ha negli occhi le montagne di mio nonno il passo leggero di chi attraversa la foresta nel silenzio, il percorso è un segreto. Il sentiero ad agosto è un versante ondeggiante come il grembo di una madre e poi la nascita, agosto è il primo giorno sulla terra il primo pianto della cicala amica. Ma quassù il silenzio è visibile c’è un po’ d’ombra sotto i rami piegati dal caldo, le frasche che spuntano ovunque sul terreno ardente sotto il palmo della mano. La mano sempre in movimento il compiersi di un gesto che ritorna, ma il buio non ti spaventa. Da bambini chiudevi la luce, sotto le coperte non c’era nessuno, potevamo ridere più forte nessun mostro ci avrebbe trovati. Tornare piccoli, tu che mi stringi i piedini pieghiamo l’angolo del lenzuolo e dormiamo vicini. Averti con me, parlare la lingua dei giochi ti divertivi a cambiare i colori disegnarci vicini da grandi. * Mariangela Leone è nata a Penne, in provincia di Pescara, nel 1999. Vive e studia a Bolo...

"Fresco di stampa": Maria Consiglia Alvino, "Campi di luce", Controluna, 2025

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CV Sono nata tra colline e miti feroci cerco la luce in estate, spiragli di Altro le lettere greche sanno di mare da bambina era così Ulisse mi prese tutta l’infanzia Poi il freddo e l’Europa Una casa ci vuole, come il presente. Itaca è vicina. Continuo a viaggiare. * Girasole bruciato Tu non chiederti che peso abbiano le altrui solitudini, quale la direzione delle disattenzioni feroci, come sia qui l’assenza. Pensa piuttosto a quando partisti con indosso il tuo vestito più bello. Era estate e non sapevi l’inverno, le strade piani sentieri di campo. Ora che il tunnel è stretto, cerca immagini e sgualciscile, come lenzuola fresche da vecchi cassetti riposte. Annusale come faresti col maggio più odoroso, il più aperto mare. Ricordati il germe del grano, il sole atroce, i capelli, la mano. Se pure il cielo tintinna, tu resta ciò che sei, un girasole bruciato. * Paese irpino Ti annidano trecce d’inverno. Speranze abbarbicate in cima. La strada grida nomi di assenti. Un ragazzo corre in pia...

Michele Lacava, finalista Premio Poeti Oggi 2025

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C’è odore di sugo da stamane alle nove, oggi nessuno dovrà mangiare da solo. Nonno mi aspetta seduto in silenzio sotto quel fico come ogni giorno, a tavola è pronto io devo soltanto aiutarlo ad alzarsi e camminargli di fianco. Verso casa il tragitto è più lungo, c’è una lieve salita noi andiamo a rilento e nel punto in cui la strada s’inclina so già che dovrò sostenerlo. Da un anno il mio compito è questo: pesare gli affanni dei passi stridenti e assecondare, talvolta, quella voglia di morte che gli sento nel petto negli ultimi metri. Siamo a casa, mia madre ci apre lui riacquista la calma, il fiato e la fame. Gli allaccio il grembiule dietro la nuca: dopo tanta fatica è finalmente domenica. * Michele Lacava è nato a Tricarico (Mt) nel 1997 ma è originario di San Chirico Nuovo (Pz). Ora vive a Bologna dove lavora e segue le attività del Centro di Poesia Contemporanea. È co-autore del podcast di musica e letteratura 'Controsole' per Radiotransatlantico. Ha esordito in poesia co...

"Fresco di stampa": Elisabetta Sancino, "Il corpo vegetale", Arcipelago itaca Edizioni, 2025

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L’acqua deviata a sud è vortice radice rovesciata di pino e tutta la lontananza del bosco che toglie il respiro alle nove del mattino sono un’ombra che lambisce le coste scoscese l’alfabeto rupestre s’imprime su gangli e gengive e sa di ere dimenticate in un lampo mi trasformo nella scarica imprevista che aziona la turbina e muove i telai sotto le mani della madre dalle dodici dita – dove sei finita tu che portavi nella crocchia il fior di robinia tu che mordevi la spina? * Ambivi a scalare tutte le creste ma c’era solo quel masso erratico a sovvertire la monotonia della pianura posavi la bici sull’erba e tastavi incredula il reticolo di canalette e coppelle come un braille accidentato dalle bufere pensavi alla violenza dei ghiacciai alla roccia strappata alla sua dimora per ridisegnare la mappa della terra pensavi all’amore che sradica e innesta che fa di ogni abisso una vetta * Mi piace mangiare le amarene sull’albero mi piace sputare il nocciolo per terra perché poi ne cresce un alt...