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Eleonora Conti, finalista Premio Poeti Oggi 2022

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Perifrastica È passiva questa esistenza, ostinata e puntuale agli appuntamenti con l’inutile. Da consegnare, da comprare, da chiamare : se la leggi d’un fiato, l’anafora del quotidiano, ha il gusto del retro di una lista da spuntare. Come diventa impersonale la vita? Dove inspessisce la cataratta del neutro? Quando si fa tanto sfocata la cornice del giorno? Accumula segreti il cuore degli idioti. Il respiro si estingue nel mantra dell’automatismo, il proposito buono nell’impotenza del domani. Un colpo forte, ti dico, il più pesante che hai nel pugno. Assestalo con violenza, dove il male è acuto, dove si fa sentire, dove fa sentire. Un pensiero rianimato non teme morte alcuna. La vita sia sempre attiva. Come perifrastica. * Eleonora Conti  è nata nel 1988 a Parma, dove vive e lavora come insegnante. Laureata in Arti Visive a Bologna, la sua passione per le lingue l'ha portata a vivere per diversi anni all'estero tra Irlanda e Francia. Al momento sta dando forma alla sua prima ra

Omaggio a Ivano Ferrari (1948 - 2022)

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Poesia tratte da "Macello", Giulio Einaudi editore, 2004. È venerdì santo ma senza la primaverile viandanza, già prodiga di resurrezioni il sangue ancora ghiaccia riempiendo i fiati di bagliori e le bestie sono troppo pesanti per scendere dalla croce. * Dove nasconderà le lacrime? Se la domanda pende sul cranio sfondato di un puledro sfumo affannando versi subendo animali e cose. * La mano farà fuoco è bene ricordare di sostenere il polso si staccherà un occhio (bestia grossa doppia carica) per terra, il plenilunio. * Quando hanno tolto la luce la morte si è ricomposta per apparire subito dopo più nitida, più vergine. * Dalla vasca d'acqua bollente emerge un enorme maiale bianco come uno spettro che oscilla impudico fino a quando dal finestrone il sole accende quintali di luce. * La mimica facciale di chi sgozza non ha un'origine definita è un processo ossessivo di tipo umano, inevitabile che mi tremino le mani quando gli accendo una sigaretta. * Ivano Ferrari  è nato

"Blocchi di partenza": Fabrizio Bregoli legge Marco Mittica

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Genotipo delle rovine che cadono dove amarsi-amare abbatte i confini, la legge, le case dei padri, le stanze delle madri. I porti non portano più stoffa, ma esperti di anarchia che sanno cosa fare in questo nulla. * Questa poesia di Marco Mittica costruita attorno a due enunciati che si sviluppano con un andamento in apparenza lineare, racchiude in sé numerosi elementi spiazzanti, sottintesi, associazioni nascoste e segrete che ne rappresentano l’elemento di maggiore suggestione. Difficile offrire un quadro univoco di lettura; a ciascuno spetta interiorizzare i versi e costruirne una sua mappa interpretativa, come faremo anche noi in questa nota. Tutto può avvenire solo per slanci intuitivi, per tentativi di comprensione. Il testo si sviluppa sulle due parole-chiave “rovine” e “porti” che reggono gli enunciati del discorso e il tema centrale dell’allontanamento dalle proprie origini, dai propri “confini”, dalle “case dei padri” e dalle “stanze delle madri”. Questa condizione obbligata

Francesco Cagnetta, finalista Premio Poeti Oggi 2022

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Non posso vedere che me che le corse a spingere il tempo per diventare grande le volate senza freni alla bicicletta sotto l’ombra dei portici d’agosto quando tutto era un eterno aspettare e la noia un silenzio da stivare. Mai nessuno spiega ai bambini che il tempo ci strappa al giorno e alle cose care che ogni singolo respiro è uno in meno da ascoltare. Mai nessuno insegna ai bambini a dire “Addio” . * Francesco Cagnetta , nato nel 1982, vive a Molfetta (Ba) ed è un avvocato.  Alcuni dei suoi testi poetici sono stati pubblicati e recensiti in rete su blog letterari come Neobar, Zona di disagio, Poetarum Silva, sulla Rivista il ClanDestino e sulla Rivista Letteraria Anterem.  Altri testi sono apparsi nelle seguenti antologie: Trittico d’esordio  a cura di Anna Maria Curci, Cofine Edizione (2017); Come una mezzaluna nel sole di maggio – ricognizione della poesia pugliese 1975- 1994 , Fallone Editore (2017); Dalla fine del mondo – Poesie per Francesco , Luce e Vita Edizioni (2018); Encicl

"Fresco di stampa": Nadia Agustoni, "Lettere della fine", Vydia editore, nuova edizione ampliata, 2022

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Tre testi inediti tratti dalla sezione “Frammenti di un me” due la pianura sta lì coi nostri occhi le mani domani avrà il sale di uomini alti come i muri e la paura: la nebbia custodì i cappotti e un odore di mele ci riempì i capelli le braccia la fabbrica accorciata dal gelo: dov’era stato un muro di rondini dicevano: “guarda… se ci sarà primavera”. * nove i nostri frumenti sono stati il mare i viventi la luce – allora non capimmo perché la morte finiva nei volti. portammo l’acqua delle rogge e il pane indifferentemente – così paghiamo i muri alzati contro ognuno e la luna sui pini tace sempre tace. * dieci abitavano coi fiori stanze d’ospedale e in caserme e cave la febbre di chi ride emigrati come un’altra specie con tutta la casa: a volte portavano regali cose piccole, un cibo le bocche malate dei poveri o il dolore preso in Germania dove gli sterminati non parlavano. per questo sappiamo che chi tace non acconsente e la lingua dei morti è più lunga ferita. * Nadia Agustoni (1964)

Alessandro Assiri, "Come", collana Lietocolle, Ronzani Editore, 2022

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come chi lascia una vita indecifrabile rischia l’archivio del silenzio così il contrario del vero non è il falso ma l’insignificante restavi alla fine di una partita persa soltanto un soffio lo stesso con cui si perdono i treni * come tu fossi la madre di un altro e maledetta la memoria il torno subito questo odore di merda e decubito questa stanza che non basta per fare una casa per tendere le mani bianche per spegnere la luce sono le undici di un piccolo orologio e ti rimbocco, ti bacio, ti lecco nell’altro letto il tuo bambino e tu che non riesci a ricambiare * come chi rompe le noci con le mani lui per diventare un uomo e lei per invecchiare in ogni figlio con un problema di aritmetica avrai tre vite da tirare fino a tardi nel finto modo delle comparse a lieto fine lo sbadiglio di nove mesi prima * come chi scrive lettere ai vivi inciampa nel fantasma a cui ha dato un nome quaderni di città inesatte scambiate per casa vite vissute senza dare nell’occhio in ogni foglio un amore che

Stefano Bortolussi, finalista Premio Poeti Oggi 2022

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Lettera a un esploratore, con rimprovero e perdono A Juan de Fuca, percorrendo con la mente la placca tettonica che porta il suo nome. Sul tuo carattere non so niente di certo, ma posso immaginare il moto di ripulsa del navigatore nel vedersi sulle carte come placca intenta con calma rocciosa a scivolare sotto il continente: niente più rotte immaginate per Ioannis Fokas, greco ribattezzato Juan de Fuca dalla corona spagnola e padrona, nulla più di un nome affibbiato a uno stretto di scarsa conseguenza e a un corpo geologico dal muovere codardo. Tutti quei sogni di terre sconosciute passaggi a nord-ovest continenti attraversati — tutti quei viaggi a percorrere il crinale tra visione e illusione — ridotti alla marcia nascosta di fondo marino verso Laurentia, cratone dal nome ingannevole, terra ferma per definizione: basterebbe a far rivoltare l’esploratore della tomba, se il solo pensiero non causasse timori di altri sismi. Il senno di poi esagera a chiedere a chi navigava il sedicesimo

"Fresco di stampa": Stefano Guglielmin, "Dispositivi", Marco Saya Edizioni, 2022

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Scrivere poesia oggi Infine la parola, questo bianco d’uovo, che principia. Duemila anni di cenere sulla testa, e tempesta. Scrivere è questa neve sporca sui rami il loro scuro deviare che gemma quando vorrà. C’è attesa e disgelo intanto, il crescere di bocca in bocca. * Retorica dei contenuti Prendi a tema il disgelo o l’Armata rossa o la rossa e viva femmina in amore, vanti insomma una militanza politica o un affetto fausto, singolare, e chiedi realismo alla parola, mimetismo. E se non funziona fai leva sulla morte della poesia o sul fatto che non ci sono più i lettori di una volta i beati costruttori dell’impegno. * Rifondare Se scrivo una poesia al mese e muoiono un milione di esseri al minuto, l’argine che la parola mette, mente, non serve a niente. Se scrivo un milione di poesie al minuto, meglio smettere: è solo un moto compulsivo, una mia malattia morale. Se taccio, la terra lasciata incolta troverà comunque contadino o cemento, braccio buono o disastro su cui di nuovo investir

Maurizio Paganelli, “Libro mastro”, puntoacapo Editrice, 2021. Segnalazione di Fabrizio Bregoli

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L’apostata Son poche le parole, ché l’affetto non ne cerca altre e il tempo assieme è stato tanto. Per mia colpa non ci si intende le volte in cui provo a parlarvi. Ciascuno tesse il suo drappo dorato dell’infanzia e l’ostende: son io l’apostata, che eccettua i casi, l’anonima semenza volata in altri vasi. Però la vostra stagione e natura le rispetto e lo zelo nel seguire per anni la palestra del dolore, che v’ha resi di sasso e inetti a ogni trapasso e al mio pudore. Così, se fiato, divento invisibile, poi torno piccino tacendo, senza scampo d’esistere sul serio. * Pellegrini Attraverso la grata di un convento di clausura conobbi la gioia inattaccabile. Il sorriso e la voce di una suora, poco più che ventenne, ci invitarono alla contemplazione del Santissimo nell’alba del giorno che da Sutri ci avrebbe condotto a Campagnano. Lo sguardo libero, profondo, immobile, sereno, dolce, pieno, era molto bello e forse folle. Le attraversava la pelle lo splendore di chi è già stato scelto e soll

Maria Consiglia Alvino, finalista Premio Poeti Oggi 2022

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La tenda Scosto gli orli, fuori piove. Il gelo di dicembre abbacinante. Cresce dento un’estate. È l’arte del bicchiere, il pieno che traspare, la sostanza e la luce chiara della polvere là sul davanzale. Sul muro di fronte seguo i fili dell’edera tenace le attese sempre-verdi gli intrecci delle trame. Chiudo gli orli, il giorno è breve, non lo posso sopportare. La città stride, la sera annebbia le risate. Posso scrivere, salvare parole, oltre-passare. Immagino un sorriso fuori gli orli, un vento cosmico di allodole e cicale. * Maria Consiglia Alvino (Avellino, 1987). Formatasi tra Napoli e Strasburgo, è dottore di ricerca in Filologia, specializzata in letteratura greca antica. Insegna lettere presso il liceo “V. de Caprariis” di Atripalda (AV), dove vive. Collabora con varie riviste e blog, tra i quali Readaction Magazine e Exlibris20; fa parte della comunità poetica Versipelle, per la quale cura, insieme ad altre poete, la rubrica “Lo Spazio di Atena”, dedicata alla poesia femminile

Valentina Casadei, tre testi inediti

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Spingere la porta camminare senza inciampo tradita un migliaio di volte mi chiedo a cosa serva la luce il distaccarsi lento dopo l’amore il mio gesto sospeso a metà e nei guizzi di freddo lento Traboccare * Scalcio come angelo-cavallo come fresco lenzuolo pulito sbandiero il possesso e la voce rauca dello zero sprigiona quell’essenza senza pace di notti insonni scatena così lo spavento in tutto il suo candore bambino demunito senza smettere di salire l’uccello becchetta l’ultimo dito aggrappato alla scala cadere è il brivido che manca e il suolo diventa elastica salvezza rimbalzo facile capriola * È ora di dormire chiudere gli occhi nel buio che non conosce misteri ma sfumature scure di fogli sbavati col gomito ne conosco nelle notti di genti che crepano di gelo * Valentina Casadei è una sceneggiatrice, autrice e regista italiana. Diplomata in storia del cinema al Dams di Bologna e in sceneggiatura all’Eicar di Parigi, ha scritto e diretto tre cortometraggi: "Tutto su Emilia”, &q

Annalisa Rodeghiero, Premio Speciale della Giuria, Premio Poeti Oggi 2022

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Nei sogni abbracciamo gli angeli Siamo strade e ore scardinate adesso che verità è questo varco irrefrenabile d’estasi e paura, è questo esistere                                          nei rari attimi di luce dove il già visto è niente e santo il volto del mistero. Verità è l’assoluto stordimento, il nome mirabile quando trema e tutto in nome suo ritorna nelle cose e si fa fuoco se non ti accosti al mio fianco parte di me viva e non svelata,                                si fa parola se non ti sveli. E andiamo, come l’ingovernabile andare del fiume dove dice il vento. La chiamano circolazione doppia                                e completa quella degli umani ma noi nei sogni abbracciamo gli angeli ripetendo, ripetendo increduli: sì, tu mi vieni nel sangue, questa stanza, la primavera, si riempie di te ma solo se ci siamo lontani, solo se sapremo esserci lontani. *Il corsivo è un rimando a Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke* * Annalisa Rodeghiero , nata ad Asiago, si è laureata i