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Sergio Gallo, "EDEN - memorie di un cittadino sospeso", Sensibili alle foglie, 2022

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Nutrie Lungo argini di fiumi irrequieti rotti da veleni, gorghi improvvisi in cunicoli bui e inaccessibili vivremo, tozzi miopotami rodendo gemme, radici, tuberi. Al soffice crepitio dell’alba pigri fantasticheremo di nandù grigi a spasso nella steppa di schive martinette dal ciuffo di armadilli, opossum bianchi cervi delle pampas e pecari dal collare. Dal Brasile alla Bolivia dal Cile alla Terra del Fuoco né castori, né ratti, né lontre ma uguali nell’arte natatoria nello sterminio per la pelliccia; tra detriti, liquami, putredini simili nel fiutare l’acre odore dei nostri persecutori. Per non soccombere alla cruenta estinzione impareremo a convivere con arcigni dominatori? * Waste of money La strada di montagna non segnata sulle mappe in lucide lastre di cemento taglia orizzontale i magri pascoli riarsi per l’assenza della pioggia proprio poco prima che il pendio tra secchi larici, si faccia ripido. A differenza di tortuosi sentieri tratturi in terra o in pietra antiche mulattiere pe

Luca Pizzolitto, quattro poesie tratte dalla raccolta inedita “Getsemani”

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Tradito e perso l'istante esatto del fuoco, la cinerea grazia del viso inciampo , ombra rubata al sole disfare la stanza in cui abbiamo vissuto - ho cercato casa, riparo nel vento. * Nella calma di candele nei muri in pietra di questo monastero - bianca memoria dell'acqua - ora che tutto rinasce, ora che ogni cosa volge alla pace. La sacra attesa è odore di incenso e candele, una sterile fame il respiro del giorno l'antico, perduto mio tempo. * Custodite, dici, custodite del ventre la piaga, il caldo respiro dei sassi, i corpi separati così vicini al morire. Le vuote stanze di Dio misurati spazi in rumorosa quiete. * Fiori celesti a lato della strada, le luci al neon di questo bar sopravvissuto ai morsi della notte, volto straniero che porti il mio nome le ore a fissare il vuoto, il molo di Sikinos, la vita scelta e poi donata. * Luca Pizzolitto nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale. Da più di vent'anni s

Omaggio a Giampiero Neri (1927 - 2023)

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Due tempi La civetta è un uccello pericoloso di notte quando appare sul suo terreno come un attore sulla scena ha smesso la sua parte di zimbello. Con una strana voce fa udire il suo richiamo, vola nell’aria notturna. Allora tace chi si prendeva gioco, si nasconde dietro un riparo di foglie. Ma è breve il seguito degli atti, il teatro naturale si allontana. All’apparire del giorno la civetta ritorna al suo nido, al suo dimesso destino. * Mimesi Delle figure e dei fregi si osservano sulle ali delle farfalle e in altre specie diverse ornamento e difesa insieme, simili a cerchi e disegni detti anche macchie ocellari, sono una varietà di mimetismo l’immaginario occhio di Dio che guarda. * Segnali Dei vari colori pericoloso è il giallo accompagnato al nero nella forma dell’ape e di altre specie più rare, e la diversità dei grigi dei bianchi specialmente. * Variazione Si nasconde il gufo sul ramo durante il giorno, si adatta a una diversa parte nel suo breve travestimento. Ma col variare del

"Anteprima Portosepolto": Ezio Settembri, "D'altra luce", peQuod, 2023

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Dalla terraferma mi arriva sul cellulare lo spettacolo della morte, un povero cristo precipitato in un pozzo. Nessun avanzo di pietà ad ornamento del buio. Lo rimuovo con cura dalla memoria dell'apparecchio e riprendo con voi la navigazione. * Incubo Nella casa delle vacanze sorgerà una base militare. Le ombre che scorrono orizzontali sui campi sono dei camion, dromedari che attraverseranno un deserto di asfalto. Da troppo tempo la tua voce rotta, babbo, non ci raggiunge più, mentre guardiamo morire le tue rose sotto il filo spinato. * Gratitudine Per il dono del vuoto e la noia tribolata del lavoro, per tutti i piccoli fastidi che mi difendono dalle comodità. Per la memoria dei miei cari, ogni giorno più vicini e più lontani, per l'infinito sapere del respiro e delle viscere, per l'invidia e il castigo del limite. Per la luce alta sopra di me, così carica e innocente. * Gianluca Metti i suoi panni di campagna per somigliare a lui in tutto, quando sali sul trattore. Curvo s

"Fresco di stampa": Riccardo Delfino, "Versicidio", Terra d'ulivi edizioni, 2023

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Legate all’intestino le braccia le gambe le mani stanno attorte come pezzi di un feto abortito. Un orlo di luce squaglia la carne di un dito. Sangue, liquami, pezzi di cuore, e io solo a sapere che il bello è già dentro, che è qui, il nostro altrove; io solo a vedere la bellezza delle viscere; a rivendicare, con fatica, l’interno della vita a costo della vita. * Mi ero quasi lasciato cauterizzare dal prolungato digiuno invernale. Ero tornato incolpevole. Felice. Ma ecco tornare in ricorrenza - costole all’aria e fianchi azzimi - l’estate della magrezza istigatrice. * E chiedi cosa mi giace dietro: non io, tesoro; questo me che tu ami non risiede. Un marchio a vuoto. È questa tua fede, sola, a costruirmi; di me non c’è nulla in questo mondo che mi somigli. * Torno a casa e m’accoglie puntualissimo l’abbandono: quanto s’è fatto grande il crepaccio ch’è adesso una seconda porta; io e la mia casa siamo fatti di viscere corrugate, che quasi a gelosia sono inverate allo stesso tempo; e non s

Letizia Polini, "Macula", Edizioni Ensemble, 2022

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Dici tutto ora che sei senza parola, implori la riconciliazione. Dicono che hai fame e, sfamandoti, ti fanno allungare le ossa e indurire la pelle. Non credere al ritorno del nodo ricorda l’urlo, quando avrai la parola. * Tracciarti il contorno per ricordare la forma e rifarla. Nel sonno fare densa l’orma della sparizione, ricordare che ti è intrinseco tentare con prudenza l’equilibrio sulle linee quando corrono verso il punto della fuga. * Lo scatto all’entrata del buio murato scolpiva una tana nel fianco. Sviare abbracci circondariali di notte. La quiete visitava uno alla volta, non so del primo crollo o stacco vitale. So che al mattino il blu soffiava le piaghe, velava le punte, sapeva riaccomodare. * Dai capelli si capisce che è la figlia, è la figlia che circonda il padre con il braccio, si porta all’orecchio gli dice qualcosa, lui fa no con la testa. La domanda alla bimba le si spande fra i capelli, poserà una pietra cambierà intonatura, le parole. La domanda non si estingue scor

Iula Antonia Marzulli, cinque poesie inedite. Segnalazione di Claudia Di Palma

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hai aspettato l'estate per andare via dalla tua casa materna lasciar tutti con un palmo di naso dietro al nonno innamorato di te ma tu cosa volevi? un piatto e po' di pace così son venuti undici figli otto vivi e tre persi e degli otto vivi altrettanti nipoti e tutti insieme, noi niente abbiamo capito di te perché tu niente di te dicevi e mi incantavi con la storia della guerra del pane che mancava e della tua fame immensa * sul volto mi crescono mille insenature fitte fitte di vegetazione le mie labbra sono vette di conifere e quando nevica è bellissimo ed è tutto bianco increspato increspato il ciglio increspato il naso il mio volto bianco increspato è un volto di roccia dimenticato e ritrovato * vorrei ritirarmi nel bianco non sentire non vedere che se vedo bene dentro mi si lacera stomaco e cuore vorrei ritirarmi nel bianco avere nella bocca un cielo di cristallo e ali avvolte nella neve per dare ai passeri acqua acqua per bere, acqua per lavare vorrei ritirarmi nel bianco

Loriana d’Ari, tre poesie inedite

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sempre obliquo l’orizzonte la selvaggia inclinazione del tronco il grandangolo l’allerta del fianco toccare terra toccare                                              l’azzurro. è una torsione asincrona il passo delle creature sbalzate a mezzo coi talloni nel fango e l’aria tenaglia nelle ali * corpo del vero sbranato fatto a pezzi io ti cerco a occhi chiusi tastando lungo scabre linee di sutura quando la lingua sfiora il palato e i denti, prendi vita               ora senti come vagisce quel che è, tu che nemmeno sai di te della tua luce io l’arto fantasma tu la sete che ricuce corpo del vero accorda il fiato fammi cava, fammi flauto delle ossa, soffia * resterà una creatura che trema l’orizzonte a misura di culla a inventarsi la notte minuscola col chiaro che preme ai bordi un bambino mai nato a ninnare il buio, un fiato caldo un fiocco appeso, dal nome                impronunciabile * Loriana d’Ari vive a Genova, dove lavora come psicoterapeuta. Ha pubblicato su diverse riviste e b

Jacopo Santoro, tre poesie inedite

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ma era già tutto qua tra gli acini d’uva e piedi bagnati dal sangue del frutto       -    batteva umido             incostante un ritmo             questo calpestio della storia             tra voci e litanie antiche - ed era davvero tutto qua nel tegumento d’un seme risputato alla terra il canto profondo dei segni del mondo * in un quando ci siamo trovati stanchi di questo tempo che non passa di questa vita che non lascia intravedere tra le intercapedini i segni ai quali correvamo quando una preghiera bastava per illudersi del senso di una spiga che indorando moriva * dietro questo specchio che tesse cuori cavi in pieni testi      -      a stilla a stilla le parole             sedimentano in stelle di roccia             il senso di un’esistenza             dispersa dall’errare             d’una nube - rimane un dito una mano un corpo che nello scriversi ricorda dolce il peso dell’anima che porta * Jacopo Santoro è nato ad Ascoli Piceno nel 1995. Laureato in filologia moderna a Padova

Anna Rita Merico, "Fenomenologia del silenzio", Musicaos Editore, 2022. Segnalazione di Claudia Di Palma

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Non è facile lavorare qui. Pensare qui. Eppure, qui, ci sono silenzi buoni. Come il fotografo ha bisogno delle giuste luci, la parola ha necessità dei giusti silenzi, degli appropriati spazi, di particolari slabbramenti verso l’interno. Qui, l’Antico, parla. Qui, la Luce, mostra * Possessione Le parole continuano il loro incessante lavorìo di scavo cesellando canyon di scarsi millimetri nel vuoto accogliente del pensiero è mistico essere posseduti dal nerbo silente e misterioso delle parole non si sa mai, con precisione, da dove attaccheranno da quale duna monteranno su quale alito si poseranno. Non si può che essere varco in un interminabile gioco di repentine attese infinite grotte miriadi di segni * Pochi gesti Pochi gesti ci sono dati pochi, sempre quelli fondi arcani numinosi laceranti torniamo lenti all’Origine là dove si lacera la palpebra chiusa consentendo all’occhio di inondarsi di laviche presenze di carnose sostanze di vitali ritmi di desiderio. Pochi gesti perché poi uno è