Letizia Polini, "Macula", Edizioni Ensemble, 2022


Dici tutto
ora che sei senza
parola, implori
la riconciliazione.
Dicono che hai fame e,
sfamandoti,
ti fanno allungare le ossa
e indurire la pelle.
Non credere
al ritorno del nodo
ricorda l’urlo, quando
avrai la parola.

*

Tracciarti il contorno
per ricordare la forma
e rifarla.
Nel sonno fare densa l’orma
della sparizione, ricordare
che ti è intrinseco tentare
con prudenza l’equilibrio
sulle linee quando corrono
verso il punto della fuga.

*

Lo scatto all’entrata del buio murato
scolpiva una tana nel fianco.
Sviare abbracci circondariali
di notte.
La quiete visitava uno
alla volta,
non so del primo crollo
o stacco vitale.
So che al mattino
il blu soffiava le piaghe,
velava le punte,
sapeva riaccomodare.

*

Dai capelli si capisce che è la figlia,
è la figlia che circonda
il padre con il braccio,
si porta all’orecchio
gli dice qualcosa,
lui fa no con la testa.
La domanda alla bimba
le si spande fra i capelli,
poserà una pietra
cambierà intonatura,
le parole.
La domanda non si estingue
scorrerà nelle vene.

*

Il tuffo si prefigge di arrivare
nel punto più lontano
e intanto trafigge ma
saltare è già,
senza penetrare superfici,
liquefarsi ancora
prima di sprofondare,
di quel tratto intravedo
tutta l’andatura dell’umano.

*

Ogni giorno compensare
per non finire
ostaggio di una voce sola,
muoversi sempre in laterale
per andare facilmente,
credere a tutta una serie
di ipotesi impossibili.
Andare verso la decomposizione
per assicurarsi che c’è altro.
Non è tutto, poi torno:
annaffio, cucino, mangio.

*

Letizia Polini (Fermo, 1988) vive a Bologna, dove lavora come insegnante. Si è laureata in Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo e in Scienze della Formazione Primaria con una tesi intitolata “Pensieri in-versi: la poesia come luogo del pensiero filosofico a partire dalla scuola dell'infanzia”. Macula è il suo primo libro edito di poesia.





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