Sergio Gallo, "EDEN - memorie di un cittadino sospeso", Sensibili alle foglie, 2022


Nutrie

Lungo argini di fiumi irrequieti
rotti da veleni, gorghi improvvisi
in cunicoli bui e inaccessibili
vivremo, tozzi miopotami
rodendo gemme, radici, tuberi.

Al soffice crepitio dell’alba
pigri fantasticheremo
di nandù grigi a spasso nella steppa
di schive martinette dal ciuffo
di armadilli, opossum bianchi
cervi delle pampas e pecari dal collare.

Dal Brasile alla Bolivia
dal Cile alla Terra del Fuoco
né castori, né ratti, né lontre
ma uguali nell’arte natatoria

nello sterminio per la pelliccia;
tra detriti, liquami, putredini
simili nel fiutare l’acre odore
dei nostri persecutori.

Per non soccombere
alla cruenta estinzione
impareremo a convivere
con arcigni dominatori?

*

Waste of money

La strada di montagna
non segnata sulle mappe
in lucide lastre di cemento

taglia orizzontale i magri pascoli
riarsi per l’assenza della pioggia
proprio poco prima che il pendio
tra secchi larici, si faccia ripido.

A differenza di tortuosi sentieri
tratturi in terra o in pietra
antiche mulattiere per soldati
migranti, contrabbandieri

non conduce da nessuna parte.

*

Ci divisero in gruppi.
Ci obbligarono a correre
in un grande girotondo
attorno ad un cerchio di sedie.

All’improvviso la musica si fermava
e si piombava sui posti a sedere.
Chi ne restava privo veniva portato via.

Aggiunsero man mano altri,
d’ogni razza, d’ogni lingua, al gioco.

Nessuno poteva astenersi.
Nemmeno ci accorgemmo di quelli fatti sparire.

*

Eden

Sorgerà un nuovo mondo,
sì, presto sorgerà il nuovo Eden!

Basterà solenne obbedienza
a ologrammi in cristalli liquidi;
soddisfare standard di sopravvivenza
a originali peccati antigenici.

Lasciare l’antica vita
– precaria, nevrastenica –
e abbracciare la gioia digitale:
asettica, chimica.

Barattare libertà e diritti
con pessime imitazioni
dei nostri oppressori.

L’ammutinamento delle coscienze
oramai
un lontano ricordo.

Le identità omologate
in celle a nido d’ape,
come grafene.

*

Ipocondrio

Ha sfogliato l’intero album dei ricordi
Bibbie, Corani, poemi sapienziali
in cerca d’un pizzico d’illuminazione:

rivelare le trappole seminate
nelle nostre vite astruse; cangianti
aurore boreali per distrarre la mente;
eterni tramonti su cieli vermigli
dipinti col sangue; spaccare
la mordacchia che c’infilza la lingua,
la plumbea corazza che ci nega di sognare,
rastrellare dal fondo pozzo dove ci hanno
cacciati un granello almeno di verità.

Chi si cura di filosofia del rifiuto
di lottare per i diritti di tutti i popoli?
Chiedono unguenti per ferite e piaghe
la pelle chiazzata di papule purpuree
zeppa di veleni, le arterie sempre più dure.

Nemmeno s’accorgono d’essere
in debito d’ossigeno,
l’encefalo risucchiato nell’ipocondrio.

*

Garofano dei ghiacciai

Spiccano tra le fenditure corolle
solitarie, galassie a spirale
sull’orizzonte degli eventi
di precipizi neri, di muti baratri.

Vivai di stelle su prati sassosi;
i petali porpora dalle antere blu
fluttuanti francobolli seghettati
per connessioni siderali.

Steli glabri dalle squame erbacee
ondeggiano al soffio di brezze,
si piegano a sferzate improvvise
di maestrali e tramontane.

Radichette ipogee s’artigliano
al poco terriccio; ostinate
s’avvinghiano alla vita: la breve
resistente vita dei garofani alpini.

*

Ranuncolo delle nevi

Al centro dell’anfiteatro di pietra
ai piedi d’un canalone
s’allungava il nevaio, triangolare:

sotto un grigio tetto sporgente
oltre lo stillicidio
fioriva il ranuncolo delle nevi.

Sulle pareti, tra il lento
sgretolarsi dello sfasciume
e il silenzio denso, vertiginoso

riecheggiava il canto dei fringuelli
il metallico ciaccolare
dei gracchi corallini.

Il rimbombo
anche d’una sola parola
primitiva, francescana

sarebbe parso
inopportuno, molesto
oltraggioso.

*

Il rifiuto

Non un suono, una sillaba
si lasciò sfuggire
il custode della porta.

Solo oppose, con gesto autorevole
la mano aperta:
non m’era consentito varcare la soglia.

Del resto, non avevo trascritto
nessuna delle parole
in qualche oscuro sogno suggerite
dall’angelo dell’abisso.

Le parole
che avevo ritenuto necessario scrivere
– il calamo intinto nel mio stesso sangue –

le parole sorte
dal sordo tamburo del cuore
che, anno dopo anno, avevano scavato
i sottili flauti delle mie ossa

– corde d’uno strumento
non perfettamente accordato –

non erano bastate.

*

Sergio Gallo (Cuneo, 1968) si è laureato in Farmacia presso l’Università di Torino e ha lavorato come collaboratore di farmacia per venticinque anni. Ha pubblicato otto raccolte poetiche: Pensieri d’amore e di disastro, Tipografia Saviglianese, 1991; La giostra di Venere, Mario Astegiano Editore, 2003; Canti dell’amore perduto, puntoacapo, 2010; Pharmakon, puntoacapo, 2014; Corvi con la museruola, LietoColle, 2017; Beccodilepre – poesie sulla montagna 2006-2018, puntoacapo, 2018 Approdi/Landings, Arsenio Edizioni, 2020; Amnesia dell’origine, puntoacapo, 2021.





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