Paolo Gera, "La ricostruzione di Parigi (ai tempi della presente guerra)", Transeuropa, 2023.


Ci abitava un mago, un illusionista,
ha fatto nascere dal nulla una casetta in mezzo alla banlieue
oppure sono i palazzi dei migranti sorti intorno
come una squadra di funghi ben equipaggiati intorno a un edelweiss.
Ci siamo stati un mese quest’estate,
aveva un giardino fiorito col sambuco,
un vicino bengalese in vena di monologhi
e sopra ancora il cielo di Parigi,
azzurre anche le nuvole.
Su un palazzo altissimo
c’era il pezzo di un guerriero zulu che lo copriva tutto
e pareva al tramonto sorvegliare le auto come pecore.
Lo straniero ero io, cauto nell’andarmene,
che compravo pane ai cereali in un forno cinese
e acqua minerale in un market di indiani,
anche se le chiavi mi illudevano fossi quello di casa.
Sorbivo allora l’intimità del rifugio,
con le porte aperte sul prato recintato,
le donne che amavo che mi davano pensieri
e una canzone di Coltrane che cuciva e ricuciva.
Ora d’inverno ho gli occhi lucidi per quella casa e un’altra,
e immagino sia mia la nostalgia serale del vero proprietario
che si chiama Laurent,
quando si avvicina da fuori alle finestre illuminate
o si volta un’ultima volta sulla strada, prima di lasciarle.
Ha una porta da niente che a un lupo basterebbe un soffio per spaccarla.

Quanto mondo c’è intorno, quanta città.

E appena usciti c’è la linea che divide spazi, tempi e paure,
per ognuno un sentiero che finisce nel bosco.
Lo sgomento di poter essere chiunque,
delle sue luci nella notte, del suo saluto al luogo provvisorio chiamato casa.

( Fuori di casa, già in In luogo pubblico, puntoacapo, Pasturana, 2019)

*

Sul ponte del cambiamento
piccoli ragni bianchi tessono la tela.
Ora lo scorcio sulla Senna
è attraverso i loro arabeschi
che richiedono incessante cura.
Sembra che sappiano e vogliano ricostruire la città
anche se Parigi è là dietro
solida e incantevole
e le luci e le stelle si riflettono sul fiume.
Eppure annunciati proclami
rendono l’acqua amara
i muri storti
gli svettamenti tremuli
i passaggi obbligati.
Così i piccoli ragni tessono e tessono tutta la notte.
E se anche Parigi crolla
la visione aderisce alla trama dei fili
e ciò che è stato permane.
Poi c’è la storia consueta delle coppie obbedienti
a caccia di selfie
che vedono in quell’orrore minuto e splendido
una nuova occasione
un invidiato condividi
per la prevista settimana di vacanza.
Inoltre non hanno niente a portata di mano
con cui spazzarli via.
Ma non è per i passanti
quel continuo luccichio operaio
quello srotolare casa dal corpo
quella bella fatica e quella lunga attesa
che non sono soggette ad alcuna legge umana.

*

non so perché mi rassicura guardarti e mi rallegra
sei un vecchio sconosciuto
seduto a me davanti
una carrozza del metrò linea 3
quattro fermate al Père Lachaise il cimitero.
Muovi la testa intorno che ha capelli grigi piuttosto lunghi
e le mani improvvisano sulle gambe
non so se per agitazione o fantasia.
In una bacheca di vetro che riflette ogni lampo del percorso
c’è un manifesto che dice
“ne lui collez un’étiquette pour toujours”.
Saliti gli scalini che portano sul viale
non riconosco in te un padre perduto
come in tante poesie scritte sinora
ma voltandomi ti vedo fermo
e giurerei che stai fiutando
e non so se sei di casa o spaesato.
Dietro non ti tocca
la muraglia della città dei morti.
già troppa primavera è nell’aria
se potessimo sciogliere in fiammate
il ghiaccio azzurro sulle labbra e sul naso.
E vorrei solo abbracciarti
così
per dare e sentire il calore uguale che abbiamo nel corpo.
Mi basta tu sia vivo
è sufficiente
è tutto.

*

“La ricostruzione di Parigi”(Transeuropa) è una cronaca degli anni di restrizione sanitaria, è una riflessione sulla struttura urbanistica della metropoli francese, è un reportage di avvenimenti artistici, è un omaggio a Walter Benjamin, è una riflessione sul neocapitalismo tecnocratico. Questa vocazione metamorfica e nomade attesta la necessità di rifiutare le attuali dinamiche di unicità dell’informazione. Questo congegno letterario rifugge dalle classificazioni di genere e tenta un linguaggio un cui sono abolite le parole correnti imposte dal potere. In questo progetto di elusione il linguaggio della prosa diventa a volte poetico. Queste tre poesie sono legate a tre diversi luoghi di Parigi, alle loro dinamiche sociali, ai loro abbagliamenti immaginativi: la banlieue di Vitry-sur-Seine, le Pont au Change sulla Senna, il cimitero Père-Lachaise.

*

Paolo Gera (Novi Ligure 1959) vive tra Carpi, Genova e Parigi. Ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche: L’ora prima (Rossopietra, 2016), Poesie per Recaptcha (Oèdipus edizioni, 2018), In luogo pubblico (puntoacapo, 2019) e Ricerche poetiche (puntoacapo, 2021). Nel 2022 ha fondato insieme ad altri scrittori il gruppo "Fissando in volto il gelo - poeti contro il green pass".





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