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"Blocchi di partenza": Fabrizio Bregoli Legge Laura Boscardin

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Un velo di nebbia  copre lo sguardo disciolto  nella tovaglia a quadri.  Gocciola il naso la solitudine  e le orecchie i pensieri del ieri.  Per compensare la perdita liquida  bevi il succo di pesche triturate.  Ma non sono abbastanza  per riempire la siccità iniziata  nel ventre materno. * Laura Boscardin costruisce la sua poesia partendo da un quadro iniziale che si compone di dettagli quotidiani, molto comuni, quasi anonimi: la “tovaglia a quadri”, quella che ci è famigliare sulla tavola delle nostre case, il naso che gocciola, “il succo di pesche” che opportunamente aiuta a “compensare la perdita liquida” (precisazione che dà una sfumatura prescrittiva, asettica). Eppure tutta la scena è da subito pervasa da un sommovimento sotterraneo, da un’inquietudine di fondo che trova alcuni indizi nell’iniziale “velo di nebbia”, nello “sguardo disciolto” anziché messo a fuoco, nella “solitudine”, nei “pensieri del ieri”, in quell’aggettivo: “triturate” che non è esornativo, ma aggiunge un co