Elisabetta Sancino, "L’ocra in punta di lingua", collana Lietocolle, Ronzani Editore, 2023. Segnalazione di Claudia Di Palma


Sulla strada (Businessman)

Non ho paura dei tuoi soliloqui
quando me ne sto supina e la strada mi entra nel midollo
io non temo nessuna parola
mentre tu mi scivoli accanto come fossi aria
brandendo gli strumenti del tuo lavoro
ti preferirei con una spada vichinga
un elmo, magari, o uno scudo rotondo
ma tu sei banale anche in questo
io da quaggiù registro la flaccidità del tuo passo
il tuo sesso invisibile, la punta delle dita infiammate
dal calore dello schermo, mentre io lo so
come si carezza un sesso o un fiore
io lo so e per questo a volte piango

*

Codici Celesti

Sto dentro a questa pelle strappata come dentro a una pelliccia
da gatta o da vecchia baldracca
non sono liscia, ho cicatrici in bocca e sul cuore
la vedi questa lettera scarlatta che brucia alle sette di sera
non la vedi, ed è un bene che anch’io sia invisibile
perché potresti scoprire il calore, la luce immagazzinata
insieme alla colpa e alla notte
io sto con gli artisti che non esistono più
com’è sparita la nebbia e la cabina
dove mi riparavo dalla pioggia
parlo da sola
e ricopio codici celesti in corsivo
sul sacchetto dell’happy meal
perché io sono una stella
felice quando scrivo

*

Stella

Forse sono una domatrice di belve
forse sono un pensiero illecito
forse sono una stella
vera
che brucia i vicoli bui
e le pozzanghere in mezzo al cemento
il cielo me lo porto addosso
come voi indossate il disprezzo

*

Ingorda

Ingorda come i bambini alle feste
mangio le foglie e le parole cadute
i cani ci pisciano sopra
il mondo trattiene quello che serve alla specie
io leggo l’albero, le foglie, il cane
io leggo la scrittura della terra
voglio prendermi tutto
prima che cali il sipario
come la nebbia stasera
non vedo più niente
eppure mi brucia la bocca
e ho fame
e mi sento
adesso e in quell’altro tempo

*

Nel canale del grido

Mi è stato detto di ricucire l’onda
riportare la parola in bocca
assaporarla fino alla polpa
ma di tutti gli alfabeti, l’ultimo
è un torso spinato e io
non ho mai contemplato il digiuno
– come miele selvatico mi scorrevi
nel canale del grido –
questo è il cibo dell’assenza
delle cattedrali svuotate, dei treni
in fuga senza viaggiatore alcuno
è il seme che nessun grembo ha voluto
è l’ispido nutrimento della fiamma
che brucia la parola
e non lascia traccia

*

L'ocra in punta di lingua

Non sono vetusta e non pontifico nel buio
perciò non mi direte saggia
a furia di star seduta scomposta ho spesso la sciatica
d’inverno non esco a gambe nude
con gli stivali a metà coscia
e il vestitino così leggero che nemmeno in agosto
nemmeno nemmeno perché a quest’età
non faccio assolutamente nulla che serva
a convincervi che valgo qualcosa
nel bene e nel male
nella buona e nella cattiva sorte
ho solo quest’ocra in punta di lingua
mi basta
per giocare allo stupido gioco delle parole
tenere un po’ a bada la morte

*

Nella giungla

L’ultima volta che ho esondato
a luci basse nel Café du Néant
camminavo sui tacchi di plastica
ma avevo le onde di lato
morbide fino alla nuca
quando ti addentri da sola
nella giungla
gli odori si amplificano
però ce n’è sempre qualcuno
che ti riconsegna dritto alla tana
dove il verbo perde rigore
a volte amo scompormi
farmi transitare
come l’ultimo anello della circonvallazione

*

Elisabetta Sancino, nata e residente in provincia di Milano, è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e lavora come docente di lingua e letteratura inglese e guida turistica autorizzata. Ha pubblicato tre raccolte di poesia, Frammenti viola, 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni, 2016, Il pomeriggio della tigre, Terra d’Ulivi, 2018 e Collezione Privata, Puntoacapo Editrice, 2021.





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