Luca Crastolla, "Le sorti dell’incanto", Gattogrigio Editore, 2022. Segnalazione di Claudia Di Palma


c’è una religione nella parola
uno spirito santo che discende
e l’usura. L’invocazione: un petalo
poggiarlo sul bordo, trovarvi
una lametta.
Così si sparte e si sparge il sangue
nessun profeta che divida le acque
nessun popolo che le attraversi.
Sulla schiena una cicala pazza di sole

*

guardiamo dalla riva bassa
le federe del mare che si preparano nell’onda:
tutta un’impazienza ci cola nelle mani
e ci ricopre fino agli spiccioli della sete.
Non ora, non adesso, siamo venuti
a pesare il sale sui coralli della lingua
ma di lontano per vie che conducono
qui, di soglia in soglia, di grano in grano
arso, non arso, di foglia in foglia
di tabacco o di basilico

per restare

*

dispiace la miseria delle parole;
l’aver confuso la lista dei doni con l’indice dei rendimenti;
l’aver raccolto di fretta i calzini; l’aver scelto di tacere
di nuovo la pelle come quando le stagioni erano
poche, ma promettevano alternate partenze. Dispiace
l’avere scelto la quieta natività sulle porte a soffietto dell’anno;
l’esser scesi alla fermata sbagliata; l’aver ceduto
il posto all’altro nello specchio che non si degna di uno sguardo.
Dispiace la miseria delle parole, la violenza
di ogni tentato riscatto adibito a risarcimento.

Si prendono lezioni di danza alla televisione
lezioni di gran classe sui resti grassi delle feste comandate;
sugli assenti per dolo del cuore o carenza
o sembianza dei modi del respirare. I bambini
con le lego nel presidio vivo del sogno a fianco:
il senso geometrico di un segno: il nostro cherubino di sughero

*

ti poggi al bassorilievo della sera
nel succedersi lineare dei lampioni
fonderesti un dogma di gomma pane
un comandamento lieve
corto fino alle soglie
medicinali del cuscino, ovulo della notte
Conosci l’invito a disfarsi
delle spoglie, dei frastuoni. Un autobus, l’ultimo
fora questo nulla in scariche corticali:
echi di clacson, di fotocellule in allarme
di pattugliamenti del margine. Sotto un’assenza
d’astri, ti stringi tra bavero e volto
di tre quarti, ti stringi e te ne vai

*

al discount della dimenticanza disseppellire
un latticino di più lunga scadenza, ignorare
i rimorchi del biologico, i pelati della schiavitù
di stagione. Pesare il bisogno se sgocciolato
stimare quanto al naturale, sperimentare
il controllo dell’appetito, il disgelo
del filetto di platessa, il cedimento del fronte.
Sventurare tra gli scaffali per finire nell’imbuto
di un corteo funebre (un polimero, un nastro
trasportatore di codici a barre). All’esterno il racket
dell’elemosina nel colore che va per la maggiore
idea di chi che cosa meriti l’ossido di rame
dell’allegria concessa in serie natalizie.
La gazza ci ride e ne muore

*

restasse da selciare il cielo
lasciami fare. Lasciami scalfire
la colpa plenaria di essere ancora vivo
ipogeo e vivo di sonno e di sete
mentre piego legni
insabbiati per gli eccessi del mare
e della civetta che sbatte
tutta in petto i piumaggi rovinosi della notte.
Un solo altare piega queste ginocchia
lontano dai luoghi marmorei dello spirito
Un dio saliente e disinteressato si erge
con misura rupestre di cardo
o a misura di nuca estorta alle tempie
contro brevi pareti d’intonaco lasciare
i graffi primitivi, le afasie del sangue

*

Luca Crastolla nasce in Puglia. Ha pubblicato in poesia L’ignoranza della polvere (2018), edito da Controluna con la prefazione di Giuseppe Cerbino. Le sorti dell'incanto è il suo ultimo libro.





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