"Fresco di stampa": Lorenzo Fava, "Vile ed enorme", Arcipelago itaca Edizioni, 2022


Fra te e l’umano c’è un occhio
di differenza, da qualcosa
sottrai sempre qualcos’altro
e lo rifai ancora. La tua pena
è non avere fine
negli sguardi di chi lotta.

*

La nascita è di per sé un patto di fine,
conta mille variabili, si interseca
con sette discipline. L’uso del tempo,
il talento coltivato, l’amore dato
in dono. La precisione del tiro,
l’arte di muovere il corpo, l’equilibrio
del centro e la gentilezza del lascito.

*

Andavamo sui monti a far volare
gli aquiloni il giorno che conoscesti
le vertigini. Mano a mano
il cielo schiariva e il vento
era alleato. Il marchingegno
più antico, ancora insuperato,
stupiva chiunque, dappertutto.
Sentivi dentro un volere alto,
un canto di sole apriva le vette
e una figura d’uomo guidava
il gregge. Resse lui, d’un pezzo,
la tua paura di essere ingoiato
dalle altezze mentre lo spago
ti trascinava sul vertice.

*

Dio interloquisce per un attimo
e la parola è libera di volare.
Pronuncia oltre il confine del pensabile,
siede a margine con gli ultimi,
ha imparato la bontà dai cuori
degli sconfitti, dalle menti più lucide
il massimo della calma, dalle mani
dei veri la faccia della vittoria.
Ne ha memorizzato i lineamenti
come la storia fa con gli eventi,
ha imparato da mille ripetizioni
l’arte del respiro. Del perdono
ha fatto una scultura gigantesca,
ha cavato il marmo dalla nebbia
e ne ha prodotto un uomo buono.
Domanda qualcosa che precede
lo zero, il punto ultimo di chi ha
il passato di fronte.

*

C’è qualcosa che fluisce nell’aria,
si muove liscio da un attrito,
mitiga la luce. Sia un gesto gratuito
del sole o un senso di presagio
non lo sappiamo. Una via ascrive
il fenomeno all’ondeggio di particelle
in perenne discesa. Dicono passi
così il tempo della vita.
Non credi pane questa rosa,
senti in espansione la via lattea,
ma quando crei la ferita primordiale
si rimargina, un canto accende
la gola del cielo.

*

Il vento ti scrisse sull’acqua,
molti secoli ricordano il nome.
Ma per il vicolo che vide la tua vita
non ci sei. Non esisti per piazze,
poteri, milioni. Può la natura
giustificare con l’amore di pochi
una simile svista? Per i colli
della tua terra sei questo:
un sasso col sogno del volo.
Ti guarda di sbieco la vecchia
dalla casa, tira la tenda prima
che tu possa vederla. Sparla.
Ma ancora uno spago cerchi
per sparire dallo spazio, un dado
per vincere la sorte, un arco
per sottrarre tempo al tempo.
Null’altro che questa voce
ti rimane ora che la pelle
è quasi polvere.

*

La luce in principio era totale.
Il male è secondario, viene dopo.
La transizione fu veloce, un taglio
aprì il bianco e lo divise.
Fatta la ferita cicatrice,
la proporzione perfetta si intuisce
da sé, torna impercettibilmente
come la curvatura continua che riporta
all’origine.

*

Lorenzo Fava, nato ad Ancona il 12 giugno 1994, vive a Macerata dove lavora come giornalista. Nel 2019 ha pubblicato, per LietoColle, Lei siete voi. Collabora con l’associazione culturale “Licenze Poeti-che” e dirige la rassegna di incontri “Conversi” alla biblioteca della poesia di Macerata.





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