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"Fresco di stampa": Silvia Atzori, "Quando tornerai sulla terra", Arcipelago itaca Edizioni, 2024

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Il treno per B.: un solo schermo alla violenza di novembre, gli azzurri senza strazio sul binario quindici. L’archetipo del lutto. Cerchi nella borsa una scusa ma è già dentro lo stomaco e lo sguardo agonizzante dei neon fa l’aria rigida. Il segnale disturbato promette nuovi porti ma niente: non si schiuderanno. Ti prego ascolta i miei consigli: resta ancora nel sogno congelato. Guarda lontano dalla ferita. Toccare è provocare l’infezione, ma nascondere: per questo fabbrichiamo nei cappotti il soffocamento del bozzolo il terrore delle larve. * L’encefalo è coperto da membrane, nel suo caso lo spazio assediato era sotto l’aracnoide. L’accumulo di sangue si è formato in fretta entro un mese si sarà riassorbito. Dev’essere successo dopo la caduta dentro il campo di gigli grigi, l’urto l’ha stordita. Gli occhi pagano ancora col difetto il marchio lasciato nella zona occipitale. I primi mesi di là sono stati poco più che un persistente mal di testa, le hanno lasciato una certa ipocondria. *

"Fresco di stampa": Mahmud Darwish, "Non scusarti per quel che hai fatto", Crocetti Editore, 2024

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Traduzione a cura di Sana Darghmouni e Pina Piccolo * E io, anche se fossi l’ultimo E io, anche se fossi l’ultimo, troverei parole sufficienti... Ogni poesia è un disegno traccerò ora per la rondine la mappa della primavera e per i pedoni sul marciapiede il tiglio e per le donne i lapislazzuli... Quanto a me, la strada mi porterà e io la porterò sulle spalle finché ogni cosa avrà riacquistato la sua immagine così com’era, e poi il suo nome originale. Ogni poesia è una madre alla ricerca del fratello della nuvola vicino al pozzo: “Figlio mio! ti darò un sostituto, sono incinta...”. E ogni poesia è un sogno: Ho sognato un sogno che mi avrebbe portato e che avrei portato fino a scrivere l’ultima riga sul marmo della tomba: “Ho dormito... per poter volare.” E porterò a Cristo le sue scarpe invernali così potrà camminare, come tutti, dai monti più alti... verso il lago. * Al nostro paese Al nostro paese, quello vicino alla parola di Dio un soffitto di nuvole, al nostro paese, quello distant

"Fresco di stampa": Valentina Casadei, "Abitare la ferita", i Quaderni del Bardo, 2024

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Così lontano, così vicino annidarsi quell’assillo ripetermi a memoria i detti dei saggi seguirne le dottrine provenire da un’altra solitudine come alieno triste con una coscienza da genio nel rigore dell’anima e l’incomprensione dei propositi vacillare quella saldezza sentirmi a casa nei pianeti * Ferita dalla parola nella convalescenza della luce ridai alla cornice del capo una parvenza di paradiso aureole come aloni di unto e tutto s’invola nel turbinio del tuo soffio triste mentre Itaca è in fiamme e attende corpi grondanti che abbraccino il fuoco e spengano il dolore dell’incendio * Nella sosta scarna la polvere crea miracolose presenze la cena fredda grida il tuo nome porti via con te l’abitudine della sera quando un bacio diventa tempo e un rassicurante destino prima di andare a dormire preferendo al sonno una veglia feroce in cui l’illusione del tuo arrivo è solo l’aria di una silhouette che trema un minuscolo incendio fatale * La mia adorazione per i tuoi spaventi per la tua g

"Fresco di stampa": Antonio Nesci, "Vertigine di ogni frattura", Arcipelago itaca Edizioni, 2024

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Cerca l’epicentro della parola e con il fiato sospeso canta la vertigine di ogni frattura. Va e porta con te il fuoco di ogni fusione, amalgama il tempo con la voce che chiama, non scordare radici e amuleti magie infantili da cui rinascerai. * Conto i passi del giorno sazio m’addormento nel buio della sera, cerco quei sogni sfuggiti alla memoria e dormo in un sonno leggero, mi cullo con il pensiero di te. Conto le volte che ho incrociato il tuo sguardo non ricordo il numero infinito di attese e appostamenti, ora non mi basta più averti a fianco saperti nel tuo sonno a sognare gli incauti momenti della vita. Tutto ha la perpendicolarità dei ricordi il liquido magma che invade il fiume sassoso e limpido oltre la sera. * Ho cercato fra i volti della povera gente, fra i miti degli orfici canti e infine tra i miei spaesati mattini, non ho trovato mappe nuove, solo le imbarazzanti scene di un bizzarro specchio che deforma la solitudine. Nulla cambia, il cucchiaio nella tazza del latte vorreb

"Fresco di stampa": Luca Pizzolitto, "Getsemani", peQuod, 2023

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Il parto avaro della notte mastica e sputa la displasia del giorno, separi il respiro in due acque. I cieli divisi della tua fame. Nell’abisso, nel vuoto non esiste parola. * La vita che attraversiamo a mezz’ora dall’autogrill. Fibra minuta, fragile. Il nostro umano non restare, cadere, farsi pioggia in aprile. Lasciare. * Agosto è fermo sopra i tuoi occhi approdi dal mondo uccisi, dimenticati il senso smarrito delle cose, indistinto pudore nella luce. Nell’annuncio sacro del vento una spoglia, disamata bellezza. * Le fermate vuote dei tram, le corse lungo il fiume – si svela agli occhi il lento morire – il fiore svestito dei giorni. Ricuci lo spazio di fede, la luce guasta del mattino. * Il giorno breve di luce consuma dicembre nel sonno trafitto, l’elleboro fiorito. La tavola pronta, la cena mai consumata. L’amore è un cancro che mangia la carne, smagrisce ogni attesa. * Miseria della sete vetri rotti carne di sale, chimera e rovina cinque corpi a riva, sputati dal mare. * Chi getta

"Fresco di stampa": Michela Zanarella, "L'eredità del bosco", Macabor Editore, 2023

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Nei rami di ciliegio si cela un’appartenenza la cicatrice di un’altalena esiste ancora nella memoria del vento e nel mio misurato e clemente ricordo di un’estate adolescente è come se l’attimo della spinta, del volo fosse rimasto intatto tra le dita del tempo mentre la vita popolava di spensieratezza gli occhi. Dice la montagna che salivo in alto quasi a uscire dai confini del sole volevo sicuramente far durare la luce oltre il cielo e magari ritrovarla a distanza di anni sul soffitto sotto forma di civetta e silenzio del bosco, luna matura in dormiveglia sui palazzi. * Quassù il vento a volte fa spavento sembra voglia spingere lontano il tempo le rocce hanno visto soldati perdersi e morire altro dolore più recente giungere al confine i rami dei ciliegi di notte rivivono la spinta di un passato che ritorna e di un presente che si assenta per fortuna la luna non smette mai di fiorire stasera è così rossa che pare un sogno di fuoco tra le cime ed io non ho che silenzio acceso tra le cigl

"Fresco di stampa": Rosaria Ragni Licinio, "Viatico per peccatori", Edizioni Ensemble, 2023

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Le stagioni rincorrono il mare le voci degli uomini sprofondano attaccate alla terra se il sole si perde tra le correnti del mondo ritornano i figli più in alto dove cresce una lievissima fiamma. * Raffigurarsi poveri prima di imitare i santi fare a meno dello stomaco e recidersi nel corpo per dire che non ci sono radici ma debiti divisi in due parti. * Assaltare lo schermo con le ombre in fila indiana segni illeggibili mentre qualcosa si sganghera e non c’è una ricompensa per gli occhi feriti, un gran correre nell’acquario di insetti e parole se affondo la testa e sono già altrove in nessuna memoria la vita di prima: le mani, i piedi e tutto lo sguardo. * Il verde trascende gli occhi e l’interferenza trascina la biologia del corpo dove piovono stelle oltre le lettere rivoluzione di senso e macchia assillante. Ostaggio senza alcun testimone: oltre le grate della ragione Dio rovista tra le voci dei santi. * Da questo mettersi in lontananza capita di contenere misure le muse che accadono

"Fresco di stampa": Stefano Bortolussi, "Esilienze", Stampa 2009, 2023

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La sensazione all’arrivo non è quella di pelle mutata, abbandonata di rettile freddo di sangue e ingratitudine: è un sentire obliquo, doppio perfino, iniettato di colpa al pensiero dell’esilio vero di chi parte da un tutto di tragedia verso il nulla dell’ignoto; ma la ferita che si riapre puntuale a ogni rotazione di flap, discesa di carrello, stridore di ruote gigantesche sulla pista è quasi tattile di presenza, ingombrante, e perde per giorni un siero trasparente di lacerazione – e medicarla è parte dell’emozione fratta di essere qui, a occidente di te stesso, e al contempo sempre lì, da dove sei partito. * Il sonno a volte genera più confusione che riposo, specialmente quando irride lustro e sfuggente come creatura di palude, solletica e indietreggia come schiuma di battigia; e per il tempo che impieghi a sbrigare la burocrazia del risveglio non ricordi più se è qui o lì che le finestre sul retro di casa sono spiate da vicini curiosi di cosa metti in valigia oppure salutate dalla vu