Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta poesia edita

"Fresco di stampa": Stefano Guglielmin, "Dispositivi", Marco Saya Edizioni, 2022

Immagine
Scrivere poesia oggi Infine la parola, questo bianco d’uovo, che principia. Duemila anni di cenere sulla testa, e tempesta. Scrivere è questa neve sporca sui rami il loro scuro deviare che gemma quando vorrà. C’è attesa e disgelo intanto, il crescere di bocca in bocca. * Retorica dei contenuti Prendi a tema il disgelo o l’Armata rossa o la rossa e viva femmina in amore, vanti insomma una militanza politica o un affetto fausto, singolare, e chiedi realismo alla parola, mimetismo. E se non funziona fai leva sulla morte della poesia o sul fatto che non ci sono più i lettori di una volta i beati costruttori dell’impegno. * Rifondare Se scrivo una poesia al mese e muoiono un milione di esseri al minuto, l’argine che la parola mette, mente, non serve a niente. Se scrivo un milione di poesie al minuto, meglio smettere: è solo un moto compulsivo, una mia malattia morale. Se taccio, la terra lasciata incolta troverà comunque contadino o cemento, braccio buono o disastro su cui di nuovo investir

Maurizio Paganelli, “Libro mastro”, puntoacapo Editrice, 2021. Segnalazione di Fabrizio Bregoli

Immagine
L’apostata Son poche le parole, ché l’affetto non ne cerca altre e il tempo assieme è stato tanto. Per mia colpa non ci si intende le volte in cui provo a parlarvi. Ciascuno tesse il suo drappo dorato dell’infanzia e l’ostende: son io l’apostata, che eccettua i casi, l’anonima semenza volata in altri vasi. Però la vostra stagione e natura le rispetto e lo zelo nel seguire per anni la palestra del dolore, che v’ha resi di sasso e inetti a ogni trapasso e al mio pudore. Così, se fiato, divento invisibile, poi torno piccino tacendo, senza scampo d’esistere sul serio. * Pellegrini Attraverso la grata di un convento di clausura conobbi la gioia inattaccabile. Il sorriso e la voce di una suora, poco più che ventenne, ci invitarono alla contemplazione del Santissimo nell’alba del giorno che da Sutri ci avrebbe condotto a Campagnano. Lo sguardo libero, profondo, immobile, sereno, dolce, pieno, era molto bello e forse folle. Le attraversava la pelle lo splendore di chi è già stato scelto e soll

Vanni Schiavoni, "Quaderno croato", Fallone Editore, 2020. Segnalazione di Claudia Di Palma

Immagine
Plitvička jezera Si rapprendono con lentezza le foreste dense nel parco di Plitvička diga del cielo per questo bacino che attraverso a guado col mio pallore ridicolo e le gambe indurite ai polpacci verso la tua felicità slacciata sulle guance a ruota di quell’incedere veloce che non ti stanca che ti porta ogni volta alle cime che cerchi una miccia brillante che detona il mondo. Ti cerco nello sguardo un segno del mio stesso smarrimento o l’avanguardia di un sentire non ancora collaudato: a quale forma diresti uguale tutto questo o almeno simile a qualcosa di già vissuto? Sarà diverso da adesso ogni vortice dell’acqua la spossatezza da una rampa di scale la diffidenza per ogni cosa che nasca liliale l’ombra attorno che si crede indelebile e la notte che viene puntuale. * Split Non spiega molto dei nodi marinari l’avvicendarsi dei tramonti a largo di Split quando il sole si piega all’orizzonte tenendosi per le dita senza dare punti di decisione. Tutto si specchia come in un contagio a co

Nunzio Bellassai, "Due tempi", Edizioni Ensemble, 2021

Immagine
Solo i passi sveleranno l’illusione, affossati nel mistero che circonda i viali larghi di questa città che vive dei rumori passati. Avvolgeranno i confini dell’attesa senza profanare né capire, ma ora dentro di me ogni piccola cosa del mondo splende e riaffiora. Nel cielo tempestato di anime hai già smesso di parlare. * Sarà idolo del mio tempo la testa mozzata ai piedi del palo della luce. In alto le mani legate, sconosciute a chi finge che ignorare sia solo un privilegio. La folla assiste, senza riuscire a distinguere il tempo trascorso da quello mostrato, la polvere da ciò che è stato. * Ti guardo spesso tu lo sai ma non dici niente Il fumo gioca sul tuo viso smunto lo smorzi sullo schermo acceso una sigaretta rauca l’acqua sta bollendo Mi lasci il tempo di una pasta insipida che non avrai modo di correggere La tua assenza pranza con me il tuo corpo non mi conosce * La città vive fuori di me, in un sibilo sordo si espande e omette. Ai sopravvissuti non daremo tregua fino a restringe

"Fresco di stampa": Lorenzo Fava, "Vile ed enorme", Arcipelago itaca Edizioni, 2022

Immagine
Fra te e l’umano c’è un occhio di differenza, da qualcosa sottrai sempre qualcos’altro e lo rifai ancora. La tua pena è non avere fine negli sguardi di chi lotta. * La nascita è di per sé un patto di fine, conta mille variabili, si interseca con sette discipline. L’uso del tempo, il talento coltivato, l’amore dato in dono. La precisione del tiro, l’arte di muovere il corpo, l’equilibrio del centro e la gentilezza del lascito. * Andavamo sui monti a far volare gli aquiloni il giorno che conoscesti le vertigini. Mano a mano il cielo schiariva e il vento era alleato. Il marchingegno più antico, ancora insuperato, stupiva chiunque, dappertutto. Sentivi dentro un volere alto, un canto di sole apriva le vette e una figura d’uomo guidava il gregge. Resse lui, d’un pezzo, la tua paura di essere ingoiato dalle altezze mentre lo spago ti trascinava sul vertice. * Dio interloquisce per un attimo e la parola è libera di volare. Pronuncia oltre il confine del pensabile, siede a margine con gli ulti

Franca Grisoni, "Le crepe", Pordenonelegge - Samuele Editore, 2021

Immagine
A olte, a olte el rot el pöl eser giöstat. A olte el segn el resta: chí l’era spacat. Ma quala grasia el segn mia scancelat: grasia la crepa che l’or el gh’à sanat segn de l’artista che ’l gh’à rimes le ma nel vas presius che ’l vé riconsegnat. A volte, a volte il rotto / può essere riparato. / A volte il segno resta: / qui era spaccato. / Ma quale grazia / il segno non cancellato: / grazia la crepa, / che l’oro ha sanato / segno dell’artista / che ci ha rimesso le mani / nel vaso prezioso / che viene riconsegnato. * Amó ’l me ciama: averte le sò ma le bat en del spetam e me per strada se drita söi sò pas o se perdida el so: l’è sò el ciocà me ’l sente deter al sanc che ’l mena el me sperà d’eser menada. Mi chiama ancora: / aperte le sue mani / battono nell’aspettarmi / e io per strada / se diritta sui suoi passi / o se smarrita / lo so: è suo il battere / me lo sento dentro il sangue / che conduce il mio sperare / d’essere condotta. * Sgiüfa la facia come la gh’ès pianzit, ma a sec. E

Luca Benassi, "Istruzioni per la luce", Passigli Editori, 2021. Segnalazione di Claudia Di Palma

Immagine
(dubbio) Accade a volte – il filo del corpo curvo nel piacere delle mani, gli occhi aperti al buio del respiro – che sei sul crinale, i piedi sulla lama bianca delle rocce, le braccia aperte all’orlo delle cime, fra i valloni pieni di silenzio. È lì che tenti il dubbio dei passi, – da una parte il giglio della neve dall’altra il nero della pietra – e tremi alla parola, al suono del sasso che cede alla scarpata nella domanda non posta, nell’eco dell’amore perduto fra i crepacci: scegliere è trovare una mano tesa l’argento della croce, un rosario nell’aria rarefatta della voce. Non importa il sentiero, il versante la cresta corrosa dai muschi, importa le dita che tengono la corda la stretta della pelle contro il vuoto il dono della fede che dipinge l’alba sul tuo volto. * (diabete) Di me non si possono amare gli incroci delle vene le nervature verticali dei vasi dove il sangue dolce si mangia la carne nel precipitare degli asterischi sulla carta opaca dei referti. C’è chi mi legge così:

Carlo Cuppini, "Militanza del fiore", Maschietto Editore, 2011

Immagine
ninnananna regime ci hanno tolto già tutto disarmati tentiamo di resistere ma se con colpo fulmineo gli oligarchi per caso provano a strapparci anche il cuore noi facciamo i bagagli e leviamo le tende ce ne andiamo su Marte con la sabbia e le formine facciamo cose molto più belle a cui poi diamo vita soffiandoci sopra tutto il fiato che resta * se la voce dell’aereo dice bomba cadono tutti dall’albero acerbi o maturi rotolano per tutta la lunghezza del campo saltano lo steccato aggirano il blocco al mercato arrivano fin davanti all’ospedale fino allo spiazzo dell’ospedale ma è troppo tardi per curarli le madri li identificano il dottore mette un pezzo di nastro di carta sulla pancia l’infermiere col pennarello scrive i loro nomi e li porta tra gli altri le madri si dicono andiamo a rifarli l’albero non deve restare senza bambini tra i rami * qui il benzinaio dà ragione a chi si vuole incendiare il Maghreb in fiamme ha fatto alzare il prezzo del barile in Maghreb alle fiamme ci si è dat