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"Fresco di stampa": Paolo Pera, "Pena di me stesso", Edizioni Ensemble, 2022

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Le nostre foglie negli ossari Poniamo le nostre foglie negli ossari, Le termiti ci rodono i calzari. Mercurio leggiadro vola Portando le interpretazioni Nel luogo del riposo, lì oso abbandonare Le mie fatiche alla disgregazione. * Maturità raggiunta Qui non si muore ancora, E nessuno sta morendo. Il tempo passa, e ci lascia Un senso di meraviglia: Se la giovinezza era l’età Della morte imperatrice, ora Stranamente piomba l’Eternità Di quei giorni che paiono Un’unica cosa, una realtà Piena di scibile in cui affoghiamo. * Il buio nel cortile Nell’eternità della notte, Gocce di mollica bianca. Io – rarefatto – assumo L’immagine che sputa le ossa D’un gemello caduto Disperando dell’altrove... V’è come un vecchio Signore Che attende i più bei giovani, Ma infine – poiché bisogna morire – Li rimanda tutti più in là. * Prima e dopo ogni esame Tutte le afte che il cielo mi dona Crescono in coro Allorché mi preparo Per quegli esami Di cui ho paura. È tanto bello scoprire le cose, Ma dover dimost

Fabrizio Sani, "Il contrario di abitare", i Quaderni del Bardo edizioni, 2022

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Se fosse per me Se fosse per il caro me stesso mi dedicherei a te completamente, inseguendo, nel silenzio della camera, con la mia esule impronta il tuo misterioso lignaggio. Dandoti, nel rumore delle strade, il braccio, il fianco e lo sguardo ogni secondo di questi cent’anni. Però è a te che consacro qualsiasi opera o pensiero, pertanto coltivo me stesso, mi lascio spazio. * Vincenza L’assolo di civette snellisce la lama già sottile, si stringe lo spazio tra un filo d’erba e l’altro. Una signora anziana sale lentamente tre gradini, i suoi passi lasciano impronte nell’aria. Indugia sul pianerottolo, sotto una fioca lampadina, dentro la cornice del portico. E si guarda indietro un istante. La riesco a ricordare solo piegata da una gobba di fatiche, mai lamentate; comprava da me le tagliatelle all’uovo, qualche detersivo, un po’ di formaggio; nei giorni di festa il suo cortile si affollava di auto e mia madre le vendeva l’arrosto girato. Il nostro abitare il mondo è abitare delle interca

Fabrizio Morlando, "Percorsi marginali", Nolica Edizioni, 2021

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Aspetto il conto di un pasto che non ho mai mangiato. Nemmeno gli avanzi, le briciole dei cani. Niente. Pago col sangue, con la carne avvilita insceno l’esistenza e tolgo il disturbo. * Siamo nell’anomalia arcuata del salto di Fosbury, voltiamo le spalle al mondo. * Si procede così senza sussulti, con gioie che non lasciano sorpresi. Finché tutto diventa gomma sotto i denti scarica d’ogni gusto che sputi via. * Tutto questo mi appartiene, ma io ho fede nella carne e nella sua putrefazione. Nel lembo di terra tra il giorno che muore e in quello subito a venire mentre la vita accade senza di me, di fianco a me scorre e sfugge nel vuoto bofonchiare del nostro tempo irregolare il fatto è che ha perso il lato scarno, la parte sensibile delle cose. Quelle per cui ancora scavo e raschio il barile. * Si dona la vita e si dona sconforto, talvolta un guado, sigillato nell’ambra gialla del tempo: comici, inefficaci, incolpevoli rappezzi di cielo. * L’aquilone non vola più nel prato. Le notti di i

"Anteprima Portosepolto": Manuel Lantignotti, "Vista parco", peQuod, 2022

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È tornato l’odore di resine nelle mie primavere, ora che mi accorgo della grandezza, la complessità di questo mondo di chi vi abita; che gratitudine, poter percepire e non comprendere mai. * Il ricordo è un passo tra le foglie, le vie del centro a carnevale, il calore della neve che sfiora. Partoriti in decenni bui, nessuno conserverà memoria di noi; eppure è stata vita, l’attesa del domani per ricominciare. Privi d’identità accogliere le cose incompiute cullarsi nelle crepe. * Guardi lente le cascine sfiorire. L’infanzia in periferia ricorda la solitudine dei capolinea: dà le vertigini non vivere agli estremi sentire che convergi lontano dalle campane della tua chiesa i portici nei giorni di pioggia gli amici, i sogni indicibili. * Nei peggiori degli anni, ti servo il cuore su un piatto che d’argento, non ha niente. Folle, mettere in gioco l’ultimo resto umano del mio cibernetico corpo, vedendo nell’amore speranza nonostante mia madre sia un letto singolo, mio padre una valigia. * Ho

"Fresco di stampa": Matteo Persico, "Warbling", puntoacapo Editrice, 2022

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Bum Bum Tap sono stanco, sai; di ascoltarmi e non sentire le orme del terremoto che mi sfugge. è dentro di me, solletica. casca e immediatamente si risolleva. un pomeriggio in ufficio come tanti, oppure un cumulo di detriti e dossier conoscono a fondo le proprie conseguenze: fanno intendere di volere e di volere attendere, hanno sacrosanta pazienza; se cessa il rumore trovano qualcosa di cui nutrirsi, le proteine del silenzio intracranico. per questo le turbine neuronali hanno un bel da fare. mai ferme, proprio un bel da fare. ci fanno intendere di volere e di volere attendere; come fossero il cambio di un vento che auspichiamo, oppure una tenerezza di troppo, che non vuole farcela passare liscia. di questo sono stanco. un negozio di semiautomatici è ovunque nel mondo: le nostre giudicanti strade senza uscita. * Microsoft Teams almeno non ci facciamo chiamare per nome, morte e stupore nelle chiamate di Teams non possono coesistere. la ciurma si divide – il fracasso stanca – le mura del

Luca Crastolla, "Le sorti dell’incanto", Gattogrigio Editore, 2022. Segnalazione di Claudia Di Palma

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c’è una religione nella parola uno spirito santo che discende e l’usura. L’invocazione: un petalo poggiarlo sul bordo, trovarvi una lametta. Così si sparte e si sparge il sangue nessun profeta che divida le acque nessun popolo che le attraversi. Sulla schiena una cicala pazza di sole * guardiamo dalla riva bassa le federe del mare che si preparano nell’onda: tutta un’impazienza ci cola nelle mani e ci ricopre fino agli spiccioli della sete. Non ora, non adesso, siamo venuti a pesare il sale sui coralli della lingua ma di lontano per vie che conducono qui, di soglia in soglia, di grano in grano arso, non arso, di foglia in foglia di tabacco o di basilico per restare * dispiace la miseria delle parole; l’aver confuso la lista dei doni con l’indice dei rendimenti; l’aver raccolto di fretta i calzini; l’aver scelto di tacere di nuovo la pelle come quando le stagioni erano poche, ma promettevano alternate partenze. Dispiace l’avere scelto la quieta natività sulle porte a soffietto dell’anno

Gian Piero Stefanoni, quattro poesie inedite

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Svela la terra l'attesa Ma la carezza non insegue proclami, conosce storia e rigetti dispiegata nell'occlusione dei contorni. Spartisce restando aperta l'odore senza fine dei nomi, il reticolo dei volti nella memoria ferita degli oggetti. Nella misura delle solitudini svela la terra l'attesa, il no servito degli uomini nella imputata mattanza dei crediti. * Risvegli Lo vedi come si muove fuori dall'acqua lo sguardo nella fissità che non gli sopravvive. Scuote il capo a sinistra e a destra dalla coda la scaglia d'argento ora nella ripulsa dell'aria. Sa solo questo percuotere, e questo battere senza fondali essere del mare separato a terra. * Camminanti Non teme chi non ha vita ma sposta l'altare- alza il numero nell'ammonizione adesso visibile dei ricoveri e delle piazze fasciate. Non è pensabile anche in noi ciò che allo specchio riappare non più dell'altro ma nella carne, nelle case, il provvisorio scontornando l'abisso. Non è pensabile- e n

Axel Sintoni, "Altrove Cardinale", Edizioni Minerva, 2022

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Il finale segna la nascita Il terreno su cui cadi ti riscrive: la foglia caduta sulla terra diventa nutrimento del sottobosco; la sorella precipitata sul cemento finisce tra i rifiuti, scarto dello scarto. Non solo prima: c’è un Altro che ti sceglie dopo. * Eredità Ho visto i visi dei miei antenati fiumi di foto a bruciapelo. I loro erano i volti vivi dei dimenticati i gusci lisi della mia ghianda una storia che passa senza alcuno sguardo, una genealogia rimossa negli atti silenziosi del mio giorno che, come gli altri prima di me, sarà sepolto nelle fratture di tre o quattro generazioni. I ricordi si insinuano nell’aria fra i tessuti la memoria è una scatola di fallimenti: ci si ricorda solo di ciò che non è mai successo; il legno bruciato di una delusione il rimosso, la vita eccedente. * Passeggiata in un bosco Basta. Qui Dio è un fantasma: la babele urbana soffoca tutti i cieli gli alberi cortecce vuote, anche i tetti delle case imitano le nuvole ma le radici si ribellano ai sentieri