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Gianluca Capozio, tre poesie inedite

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Una fine Sarebbero bastate le tue mani, una lama gentile in protezione contro ciò che più non conosco, un estuario di pelle lucida. Avrei voluto tenertele strette, sentirle sfuggire delicate e accorte dentro un addio lento e pregiato, evaporare a passo di danza. Poteva essere un acquazzone sottile, una piana calda e accogliente per salme luccicanti,  stelle morenti cascate brillando. Di tutto ciò che abbiamo saputo resta una riga segnata sul viso, profezia caduta in disgrazia da un lembo di cielo strappato. Da questa nicchia lacerata abbaiano i fantasmi di sempre, snidati dalle fiamme dello stomaco come bestie sbardate dal giogo.  Dal tuo passo che sfuma ostinato  ricurvi in ogni abbandono tornano tutti i miei morti, il loro andare senza un saluto. * Palestina C’è una voragine puntellata di bandiere e fucili ove cadono a migliaia i figli dei figli ed è tutto un lenzuolo bianco dove la Storia prende carne piegata, non più cieca, in un moto di pietà. Spingono a braccia le loro case i dan