"Blocchi di partenza": Fabrizio Bregoli legge Dario Marrazzo
Non darmi, ti prego, giudizi netti. Sospendi per un momento la furia cromatica, il delirio dei contorni. Regalami piuttosto il disincanto serale, il colore delle colline quando la luce svanendo perdona le cose e le restituisce all’aria. Regalami il nonsenso che talvolta è riposo per chi sa respirare, se non c’è un senso che possa bastare. * La poesia di Dario Marrazzo, in forma metrica di endecasillabi liberi, salvo per la sola rima baciata finale (“respirare” / “bastare”), ci porta in un clima tenue, crepuscolare, che censura i “giudizi netti”. Si tratta di una buona prova, tracciata nel solco di una tradizione rielaborata e fatta propria, senza sommovimenti, se non per qualche inverecondia lessicale come “furia” o “delirio”, subito ricondotti a ordine: “quando la luce svanendo perdona / le cose” (peraltro, enjambement davvero efficace). Gli imperativi (“Non darmi”, “Sospendi”, “Regalami” ripetuto due volte) scandiscono la prosodia, il suo sviluppo. Solo il primo verso, con la acc...