Post

"Fresco di stampa": Danila Di Croce, "Ciò che vedo è la luce", peQuod, 2023

Immagine
È che si impara a perdere quando osservi la vita di profilo, più smilza e distante, forse, ma con l’occhio rapito dalla frangia esatta delle nuvole. Davvero si apprende a cedere ore e pretese, a rintanarsi in pochi angoli di prato, per non scordare. E accade che persino il lungo fiume degli addii s’incanali infine con più capace abbandono. Sì, è altura spoglia da conquistare questo verso mandato a memoria e s’impara anche solo guardando chi dorme sul cartone, lungo i portici, così, con un sogno addomesticato. * La sincerità non è sulle labbra, non si mescola alle parole della strada e della folla, non sa d’esistere. Si scopre abbassando il ginocchio e il capo. È sapere di essere guardati da te la sincerità. * Di quale fedeltà si è mai capaci, di quale adesione, se anche il sale può perdere sapore e farsi sabbia di fondale, buona solo a mimetizzare vita. Forse l’urlo di dolore esposto lì, sulla strada, magari tra i rifiuti, che chiede d’essere adottato, che attende la sua educazione, so

"Fresco di stampa": Antonella Palermo, "Il giunco e la statua", Vydia editore, 2024

Immagine
Gli oggetti sono sui letti, appesi alle sedie sui braccioli del divano, sui davanzali e su ogni mensola ai bordi liberi degli scaffali piccoli regali ricevuti di sera troppo tardi accessori da scartare dopo le medicine di papà morto due anni fa. Una folla temporanea che chiama gli occhi a gran voce asciuga le energie rimaste in attesa di un ricovero al riparo dalle polveri prende aria          – mi chiedo se è abbastanza – al rientro si specchia in un cuore imploso e smemorato. * Abbiamo messo il tavolo al centro e ci siamo finiti sotto. Le parole esposte all’intralcio delle sedie. Ci si sbranava per minuzie qui ora si gioca al minimo, le voci attutite, sentire il vuoto sotto anche se poggiamo i piedi. * Sotto braccio camminammo. Eri un giunco, eri la statua di Giacometti carne reliquia fossile la pressione di tutti i piedi viandante affaticato e vecchio. Domani il museo si farà muto come muti siamo noi il bronzo solo che tintinna. * Sopraggiunge un’aria totale di un presente spesso un

Luigi Finucci, tre poesie inedite

Immagine
È tutto casuale. Il momento in cui mi siedo a terra, l'attimo che alzo gli occhi al cielo. Gli uccelli fanno dei cerchi. Come le mani di un bambino impongono alla matita di fare linee senza senso. Così sono le traiettorie del cielo. Continua per ore, il volo degli uccelli ad intrattenermi. Lo scomodo dei sassi sul cranio: si instaura così una dimensione altra che mi rimette al mio posto. Al pari di un rumore d'onda. * Eccoli tutti i balconi, respirano i canti degli uccelli che portano l'aria dove le foglie scendono. S'affacciano timorosi al cielo bassi ad arrivare al ventre: e i fogli di carta abbracciano la metamorfosi delle ali e gli occhi patiscono la crudele natura di non sentirsi scorrere le lacrime addosso, azzurre. * a Vittorio Le cose vive e le cose morte hanno confini troppo alti, le mani ferme fanno angoli scaleni di vertigine, che mi chiedo dove va la parola, dove va? Tutti quegl'occhi guardano i cancelli i cani aspettano più degli uomini scelgono una sog

Elisabetta Sancino, "L’ocra in punta di lingua", collana Lietocolle, Ronzani Editore, 2023. Segnalazione di Claudia Di Palma

Immagine
Sulla strada (Businessman) Non ho paura dei tuoi soliloqui quando me ne sto supina e la strada mi entra nel midollo io non temo nessuna parola mentre tu mi scivoli accanto come fossi aria brandendo gli strumenti del tuo lavoro ti preferirei con una spada vichinga un elmo, magari, o uno scudo rotondo ma tu sei banale anche in questo io da quaggiù registro la flaccidità del tuo passo il tuo sesso invisibile, la punta delle dita infiammate dal calore dello schermo, mentre io lo so come si carezza un sesso o un fiore io lo so e per questo a volte piango * Codici Celesti Sto dentro a questa pelle strappata come dentro a una pelliccia da gatta o da vecchia baldracca non sono liscia, ho cicatrici in bocca e sul cuore la vedi questa lettera scarlatta che brucia alle sette di sera non la vedi, ed è un bene che anch’io sia invisibile perché potresti scoprire il calore, la luce immagazzinata insieme alla colpa e alla notte io sto con gli artisti che non esistono più com’è sparita la nebbia e la c

"Fresco di stampa": Anna Ruotolo, "Prodigi", peQuod, 2023. Segnalazione di Claudia Di Palma

Immagine
La fontanella che prelude a qualcosa questo è il segno dei prodigi di quei prodigi assoluti e chiari che non ti aspetti, la fumarola inerpicata tra le gambe non ti scampa, avvampa alla tua faccia raduna il presagio dolce dal sangue. Oltreoceano si conficca la risposta a volte passa sulle nostre teste la nevicata improvvisa, la voce e non siamo mai assieme in quel momento, aspetti e non aspetti niente. * È così che un giorno si smette di scrivere per qualcuno non fai che come navi che si ritirano o i funghi di ombrelloni che si abbattono. È così che ti poggio come un fiore sulla strada e ti prego di prendere radici per te stesso, fino a quando ripioverai sulla mia faccia da un portone malchiuso con le tue braccia di foglie con le tue mani di poesie. * Una mano di piume Un segno di bilancia ti sovrasta vieni da un’orbita che non si può predire e ridi dalle fessure degli occhi dei denti, delle mani che porti davanti (e non togli). Io che sono uno scorpione ti cerco nei nidi, credo che tu

"Anteprima Portosepolto": Eleonora Nitti Capone, "Per fede essi chiusero le fauci dei leoni", peQuod, 2023

Immagine
Scrivere è l’impresa di un esercito a ritroso camminare indietro, lasciare la trincea abbandonare il campo degli uomini nemici combattere per ritornare nella casa che abbiamo                                                                   [abbandonato cercare al buio la stanza che contiene la candela la cui fiamma accese prima della guerra chi                                                              [ci ha preceduto e cercare in questa luce fioca cos’è che ora si vede. Vivere davvero è l’impresa di un esercito a ritroso camminare indietro, lasciare la trincea abbandonare il campo degli uomini nemici combattere per ritornare nella casa che abbiamo                                                                   [abbandonato cercare al buio la stanza che contiene la candela la cui fiamma accese prima della guerra chi                                                              [ci ha preceduto e cercare in questa luce fioca cos’è che ora si vede. * Niente di ciò che abbiamo conosc

"Anteprima Portosepolto": Mirella Vercelli, "La solitudine del passo", peQuod, 2023

Immagine
Si srotola la tela delle ore vengono le smagliature i falli le cimose che marcano confini a poco si rimedia. Il resto è indelebile pecca sul vestito. * Restava, a sera, tatuata sulla pelle la mappa dei doveri giornalieri: ferite graffi calli la fantasia chiassosa dei dolori del corpo che annuiva alla sua sorte, come la fioritura dei colori spiegata in terra delle foglie morte. * Tu svetti, nera, nell’alto mezzogiorno come una vecchia palma che spezza all’orizzonte il filo di un ineludibile traguardo, sei rabbia e pazienza dolcezza e intransigenza più torno più ti vedo da lontano, sfumi ai contorni, già vivi nei ricordi. * Lidia 17 A nulla serve che la stagione torni, a nulla il verde il sole un’ombra dall’orizzonte si protende, quasi velo intorbida i ricordi e pesi, ala materna che più non ti dispieghi, piccolo gesù di ottone sopra le mani in croce. * I pensieri dell’attesa li porta come stracci un vento di maestrale – non toccano terra, si disfano nella distanza fra un corridoio e l’a

"Fresco di stampa": Nicola Vacca, "Libro delle bestemmie", Marco Saya Edizioni, 2023

Immagine
Rebus Impiccati la corda è sempre tesa. Sul patibolo c’è sempre posto per i nostri inganni: dio è un boia che non si sporca le mani. * Imprecazioni e lacrime Il giorno ci vuole allineati e coperti e noi gli lecchiamo il culo con il nostro castello di menzogne. Le lacrime insegnano a essere veri una bestemmia ci salverà da questo piccolo dio bastardo. * Diario del cecchino Il fucile è in posizione il colpo è in canna. Sono appostato come sempre dove gli umani non possono vedermi. Tutto è pronto per consumare il rito quotidiano dell’eliminazione: io non faccio altro che il mio dovere essere il cecchino di chi vive e ignora di essere già morto. * La parola ai poeti Un taglio inganna la parola la ferita è aperta. Ogni forma di vita è la fotografia orribile di un massacro. In questa enorme paralisi nessuno intervista la coscienza rasoiate di deliri sfigurano finestre aperte sul mondo. Ci sono schegge di niente il dolore diventa rabbia l’ultima porta si chiuderà se i poeti non ruberanno le p