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"Anteprima Portosepolto": Ezio Settembri, "D'altra luce", peQuod, 2023

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Dalla terraferma mi arriva sul cellulare lo spettacolo della morte, un povero cristo precipitato in un pozzo. Nessun avanzo di pietà ad ornamento del buio. Lo rimuovo con cura dalla memoria dell'apparecchio e riprendo con voi la navigazione. * Incubo Nella casa delle vacanze sorgerà una base militare. Le ombre che scorrono orizzontali sui campi sono dei camion, dromedari che attraverseranno un deserto di asfalto. Da troppo tempo la tua voce rotta, babbo, non ci raggiunge più, mentre guardiamo morire le tue rose sotto il filo spinato. * Gratitudine Per il dono del vuoto e la noia tribolata del lavoro, per tutti i piccoli fastidi che mi difendono dalle comodità. Per la memoria dei miei cari, ogni giorno più vicini e più lontani, per l'infinito sapere del respiro e delle viscere, per l'invidia e il castigo del limite. Per la luce alta sopra di me, così carica e innocente. * Gianluca Metti i suoi panni di campagna per somigliare a lui in tutto, quando sali sul trattore. Curvo s

"Anteprima Portosepolto": Biagio Accardo, "Luce del più vasto giorno", peQuod, 2022

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Ricchi di tante morti, continuiamo a vivere nell’indigenza: moriamo sempre così poco, e troppo tardi decidiamo di cadere come il grano nella mano che lo taglia. * E il comporre, la sintassi che chiedi, la logica intrinseca all’accadere, cercala nella stratificazione dell’humus che non tradisce l’ordine né l’origine, domandala alla carne quando esulta alla parola amore, all’istante che ti apre interamente alla verità. Puoi cambiare l’ordine dell’apparire ma nel solco, dentro l’alveo è il fiume che scrive, la sua corrente. * Dovrà pur bastare questa poca luce che lambisce i cocci di legno dietro al forno e asciuga come può e dove può un’acqua che pare cadere da un secolo. Dovrà pur bastare questo vento che scompiglia le palme, calcina i fossi e scolpisce le crete dei campi. Dovremo farcelo bastare questo poco così poco che ci resta, questo sole così lontano dalle ossa, ora. * Portare il mondo, portarlo dentro, ma non solo per il suo peso, il suo calibro di tempo, di tutti i tempi che rip

"Anteprima Portosepolto": Manuel Lantignotti, "Vista parco", peQuod, 2022

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È tornato l’odore di resine nelle mie primavere, ora che mi accorgo della grandezza, la complessità di questo mondo di chi vi abita; che gratitudine, poter percepire e non comprendere mai. * Il ricordo è un passo tra le foglie, le vie del centro a carnevale, il calore della neve che sfiora. Partoriti in decenni bui, nessuno conserverà memoria di noi; eppure è stata vita, l’attesa del domani per ricominciare. Privi d’identità accogliere le cose incompiute cullarsi nelle crepe. * Guardi lente le cascine sfiorire. L’infanzia in periferia ricorda la solitudine dei capolinea: dà le vertigini non vivere agli estremi sentire che convergi lontano dalle campane della tua chiesa i portici nei giorni di pioggia gli amici, i sogni indicibili. * Nei peggiori degli anni, ti servo il cuore su un piatto che d’argento, non ha niente. Folle, mettere in gioco l’ultimo resto umano del mio cibernetico corpo, vedendo nell’amore speranza nonostante mia madre sia un letto singolo, mio padre una valigia. * Ho

"Fresco di stampa": Massimiliano Bardotti, “La disciplina della nebbia”, collana portosepolto, peQuod, 2022

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Oramai solamente attendo (ogni giorno vivendo intensamente) l'attimo eterno del ritorno, quando casa saranno le tue mani la cura di un lento preparare per la famiglia amata il pane, come non fosse il quotidiano lavorio ma l’opera di un Dio innamorato che nulla serba di sé, se non il dono. * Bisogna essere prossimi alla terra avere già nel corpo l’ambizione della fossa. Sentire nella carne l’appassire delle ore. E come si fa urgente fare il bene praticare la salvezza. Avere già negli occhi un po’ di quello che vedremo quando gli occhi chiuderemo a questa luce. Bisogna poi saperlo un po’ di cielo averlo imparato dall’allodola e dal gufo. Seguire come cambia la stagione intuirne nei colori le promesse. E poi bisogna andare quando è ora essere pronti. Allora sarà chiaro finalmente che avevamo fatto tante prove che in fondo vivere è coltivare il seme eterno dell’attesa. * Un giorno, molto presto rinverdiranno tutte le cime (degli alberi, delle montagne) le ali dei migratori, tese a inte

Francesco Iannone, "Prima opera del gesto", peQuod, 2022

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Qui c’è una grazia di mantelli sull’acqua una descrizione nuova della caduta. Il tuo vero tu galoppa gli stormi depone il suo piccolo raggio frag li alberi si posiziona al culmine del crollo dove il bambino abbatte il monumento in solitudine. Che ti avrei amato con lo stesso smarrimento degli eroi che toccano i cancelli di casa dopo lungo tempo, solo questo chiedo che ogni combattente trascini la lotta al livello della luce e baci le rughe sulle nocche del nemico anche così è la vittoria. Nel più umano sventramento dell’attimo siamo insieme se siamo vivi. * Siamo il getto d’acqua che ammaestra l’incendio del dire siamo la stessa solitudine del soldato di fronte alla falange ma la mia guerra avanza oltre la sillaba il suono la parola. Si innalza sulla rupe come l’ultimo grido dell’umano la vita la vita la vita che mentre la dici fa schiudere le bocche al coro fa esplodere la boccetta nell’aria. Io sono lo stelo invincibile venuto dal niente senz’acqua e senza cure sono la mano che pesca

"Fresco di stampa": Rossella Renzi, "Disadorna", collana portosepolto, peQuod, 2022

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Camminiamo su questo sentiero tra pietrisco, frammenti di ali le impronte dei bambini per gioco, quella voglia di fare di inventare la fuga il risveglio del volo. Ma qui l’offerta è un giaciglio vuoto la porta del tempio si spalanca solamente a chi prega e non chiede. * Intorno è solo un grigio di falena la cenere che sfoglia oscura il giorno nella fuga le parole incompiute ancora gemiti a distanza di anni. Raccontami del tempo senza fiori dei passi ripetuti all’infinito del buio che preannuncia altro buio del canto intonato per l’addio. Siamo stati stranieri e non lo sapevamo. Per il pane e una coperta di lana abbiamo ringraziato , per il fuoco. * Questa non è la mia casa non ci sono fiordi, cieli pesanti non ci sono cimiteri sul mare dove leggere pomeriggi interi. Non è la mia casa, non ci sono le urne con il segreto del sonno l’antico enigma della controra l’abbraccio sempre nudo del vento. È un suono lontano la casa l’odore del mirto, dell’agrumeto che incanta le mani bambine i lar

"Fresco di stampa": Annalisa Ciampalini, "Tutte le cose che chiudono gli occhi", collana portosepolto, peQuod, 2022

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I nostri corpi complementari il tuo chiarore la mia esile oscurità. Tua è la pietra dell’inverno il seme dormiente nel giaciglio scuro le mani che sanno dove premere. A me resta l’albero lontano il bianco che si accumula piano il fiore pallido esitante tra le dita. * Solstizio C’è fuori un luogo vasto dove il pensiero cresce spazi allungati che contengono passaggi un solstizio d’inverno tra corpi luminosi e alti che mai arriva fino a qui. Che scenda, ora, tra le cose basse, che si faccia ombra nell’acqua tonda raccolta nel secchio, che mandi luce pallida a precederlo. Dovremmo imparare a disegnare eclittiche, a curare la precisione del tratto. Non approssimare. Saperlo riconoscere e dire “è questo”. Vederlo per intero, sentirlo nella sua sacra brevità. * All’improvviso scende un grande silenzio e un ordine pallido si dispone nella casa. I pasti serali hanno la disciplina delle cose fredde dei corpi tenuti a distanza. Nessuno guarda la sedia vuota al suo fianco. Lì c’è un luogo in cui l

"Fresco di stampa": Pietro Romano, “Feriti dall'acqua”, collana portosepolto, peQuod, 2022

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Era per il riverbero degli anni fingere una luce ferma, sequenze di istanti nel riflesso di un forse che anneriva le palpebre: la polvere è sacra . * Acque di confine agli amen del vento, in voi si dirada la lontananza, viso di madre che spezza il nostro dormire. L’ho vista tornare alla sua veglia, riconoscermi figlio, poi andare. Negata alla vita, dissetare il respiro. Adesso che ogni altrove si è spento e ogni volto è qui convocato , addormentate questi occhi devoti alle candele: destatevi nelle voci di dentro. * Come tradurre l’azzurro arreso del cielo, quando, con l’odore di terra riarsa, le parole separano le nubi dalle nubi, gli uccelli dagli uccelli, le foglie dalle foglie? * Ha la forma dell’ altrove , la voce: adombra le parole, rendi al fuoco la vita che ti separa dal canto. * Come vero e sofferto il lido, il sogno o il volto che trema, fra le acque la parola si svuota, ogni casa ritorna . * Pietro Romano (Palermo, 1994) si è laureato in Italianistica presso l’Alma Mater Stu

"Fresco di stampa": Eleonora Rimolo, "Prossimo e remoto”, Italic Pequod, 2022

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31 gennaio 1983 Non so parlare altre lingue, neanche seduta in via modesta valenti 21 dove una babele di terrazze abitate dall’inverno indica la direzione, il centro abbandonato del guarire. Non rispondo e non mi muovo sono fedele alle regole, innamorata delle pulci che mi bucano la testa, incerta sulla porta se a metà di una scala il marmo cede e le caviglie si aprono, sopra un delirio di ferite e non si cammina, non si arriva più all’ombra sognata ma si diventa gomitoli di ossa, sfere di silenzio. * Come dire che questo libro è scritto per te, per il lutto indossato ogni giorno, per quel popolo disperso nella storia, spodestato dalla terra, spinto nel cuore dell’oceano. Come dire che sono la stessa persona il ragazzo arreso alle porte scorrevoli mentre chiede monete ai passanti e il bambino accostato alla parete in attesa del padre di un altro colore con la maglia azzurra distratto e curioso, geloso della sua buona stella. E tu hai mangiato? Hai bevuto? Vuoi fumare? Com’è andato il v

"Fresco di stampa": Luca Pizzolitto, "Crocevia dei cammini", Italic Pequod, 2022

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Luce lasciata e tersa dei primi giorni di dicembre, misericordia del vento sul tuo viso gentile, tagliato dal freddo. È l'eco ostinata del vuoto, è un peso greve sul cuore; neve che accende e poi placa l'inciampo della sera. Andare in pezzi, fiorire un mattino. * Nell'avanzo di parole su cieli colmi di rabbia, qui dove piove piano e rinfresca la sera cedi al vuoto, al niente, il dono austero delle labbra. Nell'ostinato silenzio di Dio, nel tuo sguardo breve di madre trova riposo ogni mia lontananza. * Le distanze che cadono dalle ciglia, il cielo dei tuoi sguardi improvvisi, il vuoto e altre forme, questo amore così fragile immaturo, arreso, non voluto. Tutto splende e fiorisce nel farsi attesa della sera. * Cos’è questo rumore che riempie la notte e impedisce il sonno? Dalla bocca di pietra zampilla il tempo e ciò che resta delle mie rovine. * Luca Pizzolitto nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale. Da quas