Post

"Fresco di stampa": Riccardo Delfino, "Versicidio", Terra d'ulivi edizioni, 2023

Immagine
Legate all’intestino le braccia le gambe le mani stanno attorte come pezzi di un feto abortito. Un orlo di luce squaglia la carne di un dito. Sangue, liquami, pezzi di cuore, e io solo a sapere che il bello è già dentro, che è qui, il nostro altrove; io solo a vedere la bellezza delle viscere; a rivendicare, con fatica, l’interno della vita a costo della vita. * Mi ero quasi lasciato cauterizzare dal prolungato digiuno invernale. Ero tornato incolpevole. Felice. Ma ecco tornare in ricorrenza - costole all’aria e fianchi azzimi - l’estate della magrezza istigatrice. * E chiedi cosa mi giace dietro: non io, tesoro; questo me che tu ami non risiede. Un marchio a vuoto. È questa tua fede, sola, a costruirmi; di me non c’è nulla in questo mondo che mi somigli. * Torno a casa e m’accoglie puntualissimo l’abbandono: quanto s’è fatto grande il crepaccio ch’è adesso una seconda porta; io e la mia casa siamo fatti di viscere corrugate, che quasi a gelosia sono inverate allo stesso tempo; e non s

Letizia Polini, "Macula", Edizioni Ensemble, 2022

Immagine
Dici tutto ora che sei senza parola, implori la riconciliazione. Dicono che hai fame e, sfamandoti, ti fanno allungare le ossa e indurire la pelle. Non credere al ritorno del nodo ricorda l’urlo, quando avrai la parola. * Tracciarti il contorno per ricordare la forma e rifarla. Nel sonno fare densa l’orma della sparizione, ricordare che ti è intrinseco tentare con prudenza l’equilibrio sulle linee quando corrono verso il punto della fuga. * Lo scatto all’entrata del buio murato scolpiva una tana nel fianco. Sviare abbracci circondariali di notte. La quiete visitava uno alla volta, non so del primo crollo o stacco vitale. So che al mattino il blu soffiava le piaghe, velava le punte, sapeva riaccomodare. * Dai capelli si capisce che è la figlia, è la figlia che circonda il padre con il braccio, si porta all’orecchio gli dice qualcosa, lui fa no con la testa. La domanda alla bimba le si spande fra i capelli, poserà una pietra cambierà intonatura, le parole. La domanda non si estingue scor

Iula Antonia Marzulli, cinque poesie inedite. Segnalazione di Claudia Di Palma

Immagine
hai aspettato l'estate per andare via dalla tua casa materna lasciar tutti con un palmo di naso dietro al nonno innamorato di te ma tu cosa volevi? un piatto e po' di pace così son venuti undici figli otto vivi e tre persi e degli otto vivi altrettanti nipoti e tutti insieme, noi niente abbiamo capito di te perché tu niente di te dicevi e mi incantavi con la storia della guerra del pane che mancava e della tua fame immensa * sul volto mi crescono mille insenature fitte fitte di vegetazione le mie labbra sono vette di conifere e quando nevica è bellissimo ed è tutto bianco increspato increspato il ciglio increspato il naso il mio volto bianco increspato è un volto di roccia dimenticato e ritrovato * vorrei ritirarmi nel bianco non sentire non vedere che se vedo bene dentro mi si lacera stomaco e cuore vorrei ritirarmi nel bianco avere nella bocca un cielo di cristallo e ali avvolte nella neve per dare ai passeri acqua acqua per bere, acqua per lavare vorrei ritirarmi nel bianco

Loriana d’Ari, tre poesie inedite

Immagine
sempre obliquo l’orizzonte la selvaggia inclinazione del tronco il grandangolo l’allerta del fianco toccare terra toccare                                              l’azzurro. è una torsione asincrona il passo delle creature sbalzate a mezzo coi talloni nel fango e l’aria tenaglia nelle ali * corpo del vero sbranato fatto a pezzi io ti cerco a occhi chiusi tastando lungo scabre linee di sutura quando la lingua sfiora il palato e i denti, prendi vita               ora senti come vagisce quel che è, tu che nemmeno sai di te della tua luce io l’arto fantasma tu la sete che ricuce corpo del vero accorda il fiato fammi cava, fammi flauto delle ossa, soffia * resterà una creatura che trema l’orizzonte a misura di culla a inventarsi la notte minuscola col chiaro che preme ai bordi un bambino mai nato a ninnare il buio, un fiato caldo un fiocco appeso, dal nome                impronunciabile * Loriana d’Ari vive a Genova, dove lavora come psicoterapeuta. Ha pubblicato su diverse riviste e b

Jacopo Santoro, tre poesie inedite

Immagine
ma era già tutto qua tra gli acini d’uva e piedi bagnati dal sangue del frutto       -    batteva umido             incostante un ritmo             questo calpestio della storia             tra voci e litanie antiche - ed era davvero tutto qua nel tegumento d’un seme risputato alla terra il canto profondo dei segni del mondo * in un quando ci siamo trovati stanchi di questo tempo che non passa di questa vita che non lascia intravedere tra le intercapedini i segni ai quali correvamo quando una preghiera bastava per illudersi del senso di una spiga che indorando moriva * dietro questo specchio che tesse cuori cavi in pieni testi      -      a stilla a stilla le parole             sedimentano in stelle di roccia             il senso di un’esistenza             dispersa dall’errare             d’una nube - rimane un dito una mano un corpo che nello scriversi ricorda dolce il peso dell’anima che porta * Jacopo Santoro è nato ad Ascoli Piceno nel 1995. Laureato in filologia moderna a Padova

Anna Rita Merico, "Fenomenologia del silenzio", Musicaos Editore, 2022. Segnalazione di Claudia Di Palma

Immagine
Non è facile lavorare qui. Pensare qui. Eppure, qui, ci sono silenzi buoni. Come il fotografo ha bisogno delle giuste luci, la parola ha necessità dei giusti silenzi, degli appropriati spazi, di particolari slabbramenti verso l’interno. Qui, l’Antico, parla. Qui, la Luce, mostra * Possessione Le parole continuano il loro incessante lavorìo di scavo cesellando canyon di scarsi millimetri nel vuoto accogliente del pensiero è mistico essere posseduti dal nerbo silente e misterioso delle parole non si sa mai, con precisione, da dove attaccheranno da quale duna monteranno su quale alito si poseranno. Non si può che essere varco in un interminabile gioco di repentine attese infinite grotte miriadi di segni * Pochi gesti Pochi gesti ci sono dati pochi, sempre quelli fondi arcani numinosi laceranti torniamo lenti all’Origine là dove si lacera la palpebra chiusa consentendo all’occhio di inondarsi di laviche presenze di carnose sostanze di vitali ritmi di desiderio. Pochi gesti perché poi uno è

Valentina Casadei, tre poesie inedite

Immagine
Così lontano, così vicino annidarsi quell’assillo ripetermi a memoria i detti dei saggi seguirne le dottrine provenire da un’altra solitudine come alieno triste con una coscienza da genio nel rigore dell’anima e l’incomprensione dei propositi vacillare quella saldezza sentirmi a casa nei pianeti * Illudere il passaparola della consistenza del solco che lascia il pensiero nel mio alveolo e la riverenza del perdono soffoca dubbi e dinieghi Scoppia la crisi della presenza * Dentro ai nodi stretti rannidati i miei strilli slacciati se il tempo mi prende tutto la nave che parte e non fa ritorno la corda dell’arco ben tesa la freccia puntata sulla preda per catturare il pianto e ferirlo nella crepa * Valentina Casadei è una sceneggiatrice, autrice e regista italiana.  Ha pubblicato tre raccolte  di poesie:  Tormento Fragile (Bertoni Editore, 2018), Il Passo dell'Inerzia (SaMa Edizioni, 2020) e  Uno Più Uno Fa Uno (Edizioni Ensemble, 2020). La poesia contemporanea in lingua italiana  

Carlo Giacobbi, “Vicende e chiarimenti”, puntoacapo Editrice, 2022. Segnalazione di Claudia Di Palma

Immagine
L’inedita sistemazione delle cose Trovarsi in luogo altro, l’inedita sistemazione delle cose, quella miopia nell’indagare quasi un volto che pare e non è più quello, da dover ritessere la trama delle confidenze, luce amara di finestra dove il gelo redarguiva arboscelli sulla stradina, mutato rito di passi stanza a stanza, a mostrare fallace la commutativa, artificio l’identità. * Carogna ai piedi della rosa Il fuoco dell’iniziazione, tra pruni che sanguinavano il dorso di mani impazienti, il sentore della carogna ai piedi della rosa. Qualcuno che insegni ci dev’essere – dicevo – a fare un tiro nel fossato, a indicare la ragazza che salta i convenevoli. S’agitava dal fondo una madre torbida, straniava il sonno, acutizzava le carni, tirava il sudario sul volto dell’infanzia. E non sapere chi mettere a parte di quell’umido trapasso, nel giardino di foglie marcescenti e luce. * Non avrebbe spigrito il Cielo E di giorno in giorno e in giorno, altro giro di morsa. La mano a illusione di requ

Maurizio Evangelista, "Mr. me", Arcipelago itaca Edizioni, 2022

Immagine
Stanza 103 l’uomo con la giacca scura dorme per finta. alla sinistra la sua unica figlia abbraccia lacrime e vestito come il giorno in cui la diede sposa. il sole resta sulle persiane a notte non è ponente né mattino. distante la moglie ha i capelli malinconici e il sorriso di un tempo inguaribile. li ha tutti davanti a sé con quel tipo di occhi che non si chiudono mai. * Stanza 121 aspetto che la cena finisca e la gente salga in piedi sui tavoli. attraverso uno stadio dopo un grande concerto e per tutta la sera penso a lui che mi lancia un’occhiata sorpresa e mi dice, mi annoia la vita degli altri. * Stanza 215 tu che una goccia di sangue credi sia la presenza di qualcuno che non sai rintracciare ripercorri il giorno all’indietro fino a quelle arterie con lo stupore il dolore e lo spreco che l’errore l’omicidio sia forse un colore l’inizio la macchia scura la parola la fragilità la velocità di ogni cosa dovrai dire qualcosa (se ti daranno la colpa) se proveranno a convincerti che non

"Blocchi di partenza": Fabrizio Bregoli legge Sheila Moscatelli

Immagine
Quando ci rivedremo non saprò come toccarti calpesteremo ombre crepitanti di foglie accese illumineremo sotterranei di ossa e radici cuciremo ali trasparenti di fiducia Con parole in grappoli riempiremo bicchieri di silenzio senza romperlo * Sheila Moscatelli ci conduce per mano in un suo universo tutto privato, intimo, con versi che parlano al futuro, che annunciano un ritorno: di un caro? dell’amato? La risposta spetta all’immaginazione del lettore che proiettato in questo mondo ne diventa partecipe - non solo spettatore, ma parte in causa. Tutto si articola nella libertà delle parole che si dispongono obbedendo solo a sé stesse, senza punteggiatura, cadenzate solo dagli spazi bianchi, dal loro fragile equilibrio con il silenzio. Le metafore e i simboli conferiscono un’atmosfera sospesa, magica, al quadro d’insieme, che resta soffuso fra giochi d’ombre, trasparenze, luce che si fa strada fra “sotterranei / di ossa e radici”, tutto funzionale al disvelamento finale: l’antitesi fra “pa

Dario Melissano, “Un altro inverno”, Eretica Edizioni, 2022. Segnalazione di Claudia Di Palma

Immagine
Ascolto, e le parole si piegano come panni sui fili. Gli occhi rincorrono segni, lingue parlate in silenzio. Gli anni si chinano ai ricordi, voci che solo il cuore conosce, e gesti che le mani non sanno rifare, come volare, o sparare, e restare innocenti. * Vorrei avere più tempo per essere felice, vedere meno pioggia, camminare per strade bagnate dal sole. Vorrei che il tuo sorriso, per un istante, fosse qualcosa che mi appartiene, come le chiavi di casa, o un accendino. Vorrei sapere se nei tuoi sogni a volte ci finisco anch'io, e non aspettare mesi per un sospiro, ma respirare ogni giorno la tua presenza, come risposta, attesa, stupore. Vorrei tanto che il nostro incontro fosse una cosa  semplice, come l'amore. * Le mie mani, piccole, congiunte, grandi. L'Universo non trova spazio in una giumella vuota, si espande appena chiudo i palmi, intreccio le dita. Un vecchio flauto sparge nuove melodie. Si corre al confine, oltre gli scuri del possibile. * La stagione anima l'

Fabrizio Cavallaro, "Alta stagione", RPlibri, 2020

Immagine
L'ultima frontiera è la notte, che mastica piano i suoi sonni e li riporta a letto, magari contusi malandati quel poco da rimetterli in piedi al mattino dopo, tra rimorsi e ottusi malumori, purché evitino trappole coperte di foglie, scavate apposta per farci cascare il daino braccato. * Il gigante di buone maniere che assomiglia a John Cena ha occhi fessurati di verde marino, quando sorride si schiude come una melagrana, mette in evidenza i denti alla Bugs Bunny, e un po' morbido di fianchi, sul petto ha tatuato il motto domani mai più poveri . * Farsi una cosa sola in parole, e passi lunghi o corti, per vie diritte o storte, le storie brevi del mondo a volte si estenuano s'allungano dentro i nostri occhi lanciati come fresbees nell'aria gioco da ragazzi, vivere poi è l'unica risposta muta e saggia. * Quanta parte di te hai lasciato sul cuscino, fronde del tuo giovane fusto: la buona creanza che mi sudavi addosso. * Eccoci, nel deserto gobbuto che ci rassomiglia e